ANALISI DEL RISCHIO
I cambiamenti climatici
in sei città italiane
TORINO
Torino e il CLIMA: passato e futuro
Nota Metodologica
L’analisi climatica effettua una rappresentazione di dettaglio del clima attuale ed atteso per le diverse città di interesse avvalendosi di una serie di indicatori comunemente utilizzati in letteratura per caratterizzare il clima e la sua evoluzione sia per quanto attiene i valori medi, quali l’andamento della temperatura e precipitazione su scala annuale e stagionale, sia per quanto riguarda l’andamento dei valori più estremi di queste stesse variabili. I valori estremi sono dei valori assunti dalle variabili di interesse (ad es. precipitazione, temperatura) che differiscono dai valori che essa assume in media sull’area in un periodo di riferimento e che, quindi, hanno una probabilità bassa di occorrenza.
Nello specifico, gli indicatori più utilizzati per descrivere intensità e frequenza di occorrenza di questi eventi sono quelli definiti dall’ETCCDI; essi sono relativi a diverse variabili atmosferiche, ma quelli maggiormente utilizzati in letteratura riguardano precipitazione e temperatura, e sono molto utili per successivi studi di settore volti a valutare i principali impatti locali del cambiamento climatico su cui si basano le strategie di adattamento (Karl et al. 1999, Peterson et al. 2001). In questo studio vengono analizzati alcuni tra questi indicatori, individuati tra quelli ritenuti più rilevanti a livello urbano. È importante precisare, a tal proposito, che lo studio del clima implica, per definizione, l’utilizzo di lunghe scale temporali; in particolare, la World Meteorological Organization(WMO 2007) stabilisce in 30 anni la lunghezza standard su cui effettuare delle analisi statistiche che possano essere considerate rappresentative del clima di una certa area. Per questo motivo, sia per la descrizione del clima attuale sia per quanto riguarda le variazioni del clima futuro rispetto al clima di riferimento, sono analizzati periodi di lunghezza di almeno 30 anni.
Entrando nel dettaglio, per quanto riguarda l’analisi del quadro climatico attuale, i diversi indicatori sono calcolati sulla base di dati atmosferici derivanti da una simulazione climatica di reanalisi ad altissima risoluzione spaziale (circa 2 km) prodotta dalla Fondazione CMCC (Raffa et al; 2021)e disponibile sull’Italia per il periodo 1989-2020 . Tale simulazione (di seguito indicata come ERA5-2km) è ottenuta localizzando dinamicamente, con il modello regionale climatico (RCM) COSMO-CLM (Rockel at al. 2008), modello climatico sviluppato dalla CLM Assembly con cui la Fondazione CMCC collabora, la rianalisi ERA5.
Le reanalisi sono un potentissimo strumento, che, combinando in modo coerente la modellazione numerica con le osservazioni (attraverso l’utilizzo di tecniche di assimilazione dei dati), possono fornire un quadro coerente e consistente del clima attuale.
ERA5 rappresenta la quinta rianalisi globale prodotta dal Centro Europeo per le Previsioni Meteorologiche a Medio Termine (European Center Medium Weather Forecast, ECMWF) a risoluzione spaziale di circa 31 km. Allo stato attuale fornisce, in operativo, dati dal 1979 ai giorni nostri a risoluzione oraria. Esiste anche un’estensione al 1950 ancora in fase di validazione.
Per quanto riguarda l’analisi del quadro climatico futuro, sono analizzate le variazioni climatiche attese (per effetto dei cambiamenti climatici di natura antropica) nell’area di studio rispetto ad un clima di riferimento. In questo caso, i diversi indicatori sono calcolati sia sulla base delle proiezioni climatiche al 2100 ad alta risoluzione (circa 8 km) per l’Italia prodotte dalla Fondazione CMCC (Bucchignani et al. 2016; Zollo et al. 2016) attraverso il modello regionale climatico (RCM) COSMO-CLM, considerando gli scenari IPCC RCP4.5 e RCP8.5 sia utilizzando i modelli climatici regionali disponibili nell’ambito del programma EURO-CORDEX alla più alta risoluzione attualmente disponibile: di circa 12 km sull’Europa.
Maggiori informazioni riguardo l’iniziativa EURO-CORDEX sono disponibili al link http://www.euro-cordex.net. L’utilizzo di tutti i dati disponibili nel programma EURO-CORDEX consente un’analisi della variabilità climatica attraverso usando un approccio multi-model. Vale a dire che, a partire dalle diverse simulazioni disponibili, è possibile stimare il valore della anomalia media (ensemble mean), calcolata mediando i valori di tutte le simulazioni considerate, rispetto alle variabili (temperatura e precipitazione) e agli indicatori di interesse, per i due scenari considerati, e infine valutata l’incertezza associata (Jacob et al. 2020; Kotlarski et al. 2014).
Tra gli scenari realizzati e resi disponibili dall’Integovernamental Panel on Climate Change (IPCC), ci si è concentrati qui su questi due (RCP4.5 e RCP8.5) in quanto sono gli scenari per i quali, al momento della realizzazione di questo lavoro, sono disponibili le analisi più avanzate. È bene sottolineare che RCP8.5 rappresenta lo scenario più estremo, quello che prevede nessuna iniziativa per ridurre la concentrazione di CO2 in atmosfera e quindi l’innalzamento della temperatura media globale. Si tratta di uno scenario probabilmente non realistico, che però è utile come termine di paragone per analizzare i cambiamenti climatici futuri rispetto all’assenza o meno di politiche di mitigazione. Per praticità e per semplificare la comunicazione, i due scenari sono riportati nel testo delle analisi come “scenario con politiche climatiche” (RCP4.5), e “scenario senza politiche climatiche” (RCP8.5) Per i dati EURO-CORDEX inoltre sono stati considerati 3 scenari IPCC RCP2.6, RCP4.5 ed RCP8.5; tuttavia poiché i modelli disponibili per lo scenario RCP2.6 sono in un numero molto minore (9) rispetto a quelli utilizzati per i rimanenti scenari (18) si è ritenuto, per non considerare analisi con diverso grado di affidabilità di non riportare i risultati ottenuti con questo scenario.
1989-2020: evoluzione di temperatura e precipitazione
I grafici qui di seguito mostrano anomalie per il periodo 1989-2020, ossia la differenza tra valori annuali e la media del periodo, in riferimento ai valori di temperature medie (espresse in °C) e alla precipitazione annuali (espresse in percentuali).
Per quanto attiene la temperatura si registra un trend di crescita statisticamente significativo mentre per la precipitazione non vi è un trend statisticamente significativo.
Andamento dell’anomalia annuale di temperatura media calcolata rispetto alla temperatura annuale media sul periodo 1989-2020.
Andamento dell’anomalia di precipitazione annuale calcolata rispetto alla precipitazione annuale media sul periodo 1989-2020.
1989-2020: andamento degli indicatori climatici
Attraverso gli indicatori climatici si analizzano alcune specifiche caratteristiche del clima della città.
Gli indicatori qui considerati per quanto riguarda la temperatura sono tre:
Notti calde. Indica il numero di giorni con temperatura minima maggiore di 20°C. Si tratta di un valore molto importante per valutare l’impatto dei cambiamenti climatici sul benessere fisico delle persone.
Giorni molto caldi. Indica il numero di giorni in cui la temperatura massima giornaliera supera i 25°
Questi due indicatori sono importanti per lo studio degli ad impatti dei cambiamenti climatici sulla salute delle persone e sui consumi energetici per il raffrescamento degli ambienti.
Giorni freddi. Il numero dei giorni in cui la temperatura scende sotto 0°C.
Dal grafico che riporta l’andamento annuale degli indicatori si vede come le notti calde seguono una crescita nel periodo 1989-2020, mentre giorni freddi e giorni molto caldi non mostrano un trend statisticamente significativo.
Rappresentazione del ciclo annuale (percentuali di giorni al mese) per gli indicatori che nel testo sono descritti come giorni freddi (frost days, FD), notti calde (tropical nights, TR) e giorni molto caldi (summer days, SU) sul periodo 1989-2020.
Andamento annuale annuale (percentuali di giorni l’anno) per gli indicatori che nel testo sono descritti come giorni freddi (frost days, FD), notti calde (tropical nights, TR) e giorni molto caldi (summer days, SU) sul periodo 1989-2020.
Per quanto riguarda le precipitazioni, gli indicatori presi in considerazione sono:
Giorni consecutivi senza precipitazioni: percentuale media mensile del numero massimo di giorni consecutivi senza pioggia (ovvero con pioggia inferiore ad 1 mm).
Precipitazioni intense: numero di giorni con precipitazione molto intensa (uguale o superiore a 20mm)
Precipitazioni massime: il valore massimo di precipitazioni in un giorno.
Dai grafici che riportano l’andamento annuale degli indicatori sul periodo in studio, non si rileva un trend significativo.
Per quanto attiene gli andamenti medi mensili del numero massimo di giorni consecutivi senza precipitazione (CDD) essi evidenziano che tale indicatore assume valori più alti nei mesi invernali (Dicembre, Gennaio e Febbraio) con percentuali intorno al 55% del numero medio massimo di giorni consecutivi al mese senza precipitazioni; tuttavia tale valore risulta molto variabile al variare dell’anno (dispersione intorno al valore medio, espressa in termini di deviazione standard, di circa 14 giorni). Nel mese di Maggio si osserva il valore più basso per questo indice, dell’ordine del 25%, con una variabilità minore (di circa 8 giorni). Tali andamenti sono confermati anche su scala stagionale, in particolare si osserva mediamente un numero massimo di giorni senza precipitazione di circa 28 giorni nella stagione invernale e di circa 17 giorni durante l’estate. Valori intermedi si verificano durante la stagione primaverile e autunnale. Mediamente su base annuale vengono osservati circa 34 giorni consecutivi senza precipitazione con una dispersione di circa 13 giorni. Diversi lavori di letteratura riportano come l’andamento della lunghezza di periodi senza pioggia possa determinare importanti impatti anche nelle aree urbane per quanto attiene la funzionalità di alcune componenti, tra le quali ad esempio vi sono: approvvigionamento idrico, gestione delle acque reflue, gestione delle aree verdi urbane, popolazione, infrastrutture sanitarie.
Ciclo annuale degli indicatori relativi a precipitazioni intense (R20), massimo numero di giorni consecutivi senza pioggia (CDD), entrambi calcolati in termini di percentuale di giorni al mese, e valori massimi giornalieri di pioggia (RX1day), sul periodo 1989-2020.
Evoluzione annuale degli indicatori relativi a piogge intense (R20) massimo numero di giorni consecutivi senza pioggia (CDD), calcolati entrambi in termini di percentuale di giorni al mese, e valori massimi giornalieri (RX1DAY), sul periodo 1989-2020. l’andamento sul periodo non risulta statisticamente significativo per l’indicatore R20, mentre l’indicatore CDD e RX1DAY sono entrambi caratterizzato da un andamento sul periodo decrescente statisticamente significativo.
Scenari climatici per il futuro
Gli scenari climatici elaborati per la presente analisi prendono in considerazione, con orizzonte temporale a fine secolo, la temperatura media stagionale e il WSDI – Warm Spell Duration Index, indice rappresentativo delle ondate di calore, su base stagionale. Più nel dettaglio, WSDI indica il numero di giorni in cui la temperatura massima è superiore al 90° percentile della temperatura massima stagionale per almeno 6 giorni consecutivi.
Per quanto attiene il trend di crescita della temperatura media si vede come lo scenario senza politiche climatiche sia quello che riporta incrementi maggiori di circa 6°C in 100 anni (nell’ipotesi di un trend lineare) nella stagione estiva e di 5°C in 100 anni (nell’ipotesi di trend lineare) nella stagione autunnale ed invernale e, infine, di 4°C in 100 anni nella stagione primaverile. Lo scenario con politiche climatiche invece riporta delle variazioni analoghe per tutte le stagioni con incrementi di circa 2°C su 100 anni.
Nei grafici sono riportati i cambiamenti della temperatura media stagionale per i modelli EURO-CORDEX. Il colore rosso è associato allo scenario senza politiche climatiche, il colore blu allo scenario con politiche climatiche. La linea spessa indica l’ensemble mean (la media dei risultati prodotti da diversi modelli) a parità di scenario considerato. L’area colorata rappresenta la deviazione standard, ovvero la dispersione dei modelli che costituiscono l’insieme dei modelli EURO-CORDEX, attorno al valore medio, a parità di scenario.
Per quanto riguarda il trend stagionale atteso del numero di giorni molto caldi (WSDI) si evidenzia una crescita generalizzata, che è molto più marcata nello scenario senza politiche climatiche soprattutto in estate.
Nei grafici sono riportati i cambiamenti dell’indicatore WSDI per i modelli EURO-CORDEX. Il colore rosso è associato allo scenario senza politiche climatiche, il colore blu allo scenario con politiche climatiche. La linea spessa indica l’ensemble mean (la media dei risultati prodotti da diversi modelli) a parità di scenario considerato. L’area colorata rappresenta la deviazione standard, ovvero la dispersione dei modelli che costituiscono l’insieme dei modelli EURO-CORDEX, attorno al valore medio, a parità di scenario.
Per quanto attiene invece il trend di precipitazione, sia per i valori cumulati che per gli estremi su base stagionale, è da considerarsi che esso è un parametro molto complesso da valutare che dipende da molteplici fattori e quindi l’influsso dei cambiamenti climatici risulta meno evidente rispetto a quello che emerge analizzando le tendenze della temperatura. In particolare le variazioni della precipitazione stagionali, sulla base dei modelli EURO-CORDEX, sono caratterizzate da notevole incertezza[1] su tutte le stagioni e per i due scenari considerati (RCP4.5 e RCP8.5), come illustrato nella tabella che segue.
Se si considerano le variazioni stagionali riportati dal singolo modello COSMO CLM, alla risoluzione di 8 km, utilizzando una configurazione ottimizzata sull’Italia, si trovano (variazione per il periodo 2035-2065 rispetto al periodo di riferimento 1981-2010) per lo scenario con politiche climatiche una lieve diminuzione delle piogge invernali e primaverili e più marcate in estate e un aumento delle piogge autunnali; mentre per lo scenario senza politiche climatiche un lieve aumento delle piogge autunnali, una forte diminuzione di quelle estive e un andamento pressoché stazionario per le due rimanenti stagioni.
[1] La stima dell’incertezza è rappresentata dalla deviazione standard, che consente di definire un intervallo di variazione intorno al valore medio (Von Trentini et al., 2019). L’analisi dell’incertezza è fondamentale per l’interpretazione dell’indicatore, poichè fornisce una misura del grado di accordo tra i diversi modelli climatici dell’ensemble EURO-CORDEX. In altre parole, quanto più è basso il valore di deviazione standard tanto più sarà elevato il grado di accordo tra i modelli climatici, e viceversa.
Stagione |
RCP 4.5 |
RCP 8.5 |
||
Variazione attesa [%] (media EURO-CORDEX) |
Range di incertezza [%] |
Variazione attesa [%] (media EURO-CORDEX) |
Range di incertezza [%] |
|
Inverno |
+16 |
±21 |
+3 |
±18 |
Primavera |
-5 |
±8 |
+2 |
±14 |
Estate |
-4 |
±11 |
+1 |
±14 |
Autunno |
+1 |
±14 |
+6 |
±9 |
Variazione media attesa sul dominio di interesse come fornito dall’ensemble EURO-CORDEX e relativa stima dell’incertezza, per i due scenari di concentrazione e le diverse stagioni, per l’indicatore PRCPTOT (precipitazione cumulata)
Variazione spaziale dell’anomalia della precipitazione stagionale per il periodo 2036-2065 rispetto al periodo 1981-2010 con il modello COSMO-CLM ad 8 km.
Variazione spaziale dell’anomalia dei massimi di precipitazione giornaliera per stagione, per il periodo 2036-2065 rispetto al periodo 1981-2010 con il modello COSMO-CLM ad 8 km.
Per quanto riguarda gli estremi di precipitazione anche in questo caso si nota una forte incertezza dei modelli dell’ensemble EURO-CORDEX per entrambi gli scenari considerati, come nella tabella qui di seguito.
Se si considerano i valori riportati dal singolo modello COSMO CLM si trovano (variazione per il periodo 2036-2065 rispetto al periodo di riferimento 1981-2010) per lo scenario con politiche climatiche variazioni tendenzialmente positive per massimo di pioggia giornalieri per tutte le stagioni ma molto contenute mentre per lo scenario senza politiche climatiche viene riportato generalmente un incremento dei massimi di pioggia giornalieri nella stagione primaverile ed invernale, più intensa su quest’ultima, ed un decremento per quella estiva.
Stagione |
RCP 4.5 |
RCP 8.5 |
||
Variazione attesa [%] (media EURO-CORDEX) |
Range di incertezza [%] |
Variazione attesa [%] (media EURO-CORDEX) |
Range di incertezza [%] |
|
Inverno |
+12 |
±14 |
+3 |
±11 |
Primavera |
-2 |
±9 |
+7 |
±12 |
Estate |
+3 |
±14 |
+4 |
±18 |
Autunno |
+6 |
±8 |
+10 |
±11 |
Variazione media attesa sul dominio di interesse come fornito dall’ensemble EURO-CORDEX e relativa stima dell’incertezza, per i due scenari di concentrazione e le diverse stagioni, per l’indicatore RX1DAY (massima precipitazione giornaliera)
Torino e il CLIMA: passato e futuro
Paola Mercogliano, Veronica Villani, Mario Raffa, Giuliana Barbato
Tutti gli autori sono afferenti o affiliati alla Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici
Torino e gli IMPATTI connessi ai cambiamenti climatici
Gli impatti dei cambiamenti climatici sulla scala urbana per la città di Torino
La città di Torino, con i suoi 848.196 abitanti, è la città più popolata dell’area nord-ovest ed è la quarta città più popolata in Italia (ISTAT 2020). Negli anni ’80 e ’90, la Città è stata caratterizzata da una trasformazione sociale ed economica che ha lasciato in eredità 10 milioni di metri quadri di spazio industriale abbandonato (Città di Torino 2020).
Attualmente, il territorio dell’area urbana in questione risulta fortemente urbanizzato. La quantità di suolo consumato è infatti pari a 8418.35 ettari, il quale corrisponde al 64.69% della superficie totale (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, 2020). Inoltre, a causa della conformazione morfologia della città, la quantità degli inquinanti (come CO2 o PM2.5/10) si concentra, facendo sì che si arrivi a livelli di inquinamento dannosi per la salute della popolazione (Arpa 2020a). Anche per questi motivi, Torino ha aderito al Patto dei Sindaci nel 2009 e ha approvato il suo Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile (TAPE – Turin Action Plan for Energy) a settembre 2010. Nel 2019, la città ha nuovamente sottoscritto l’adesione, che ‘oltre a impegnare le città periferiche a ridurre le proprie emissione di CO2 del 40% entro il 2030’, integra le politiche di mitigazione e adattamento (Patto dei Sindaci 2021).
Negli ultimi anni, gli effetti derivanti dagli impatti del cambiamento climatico sono stati sempre più evidenti. Si sono verificati crescenti fenomeni estremi – nello specifico ondate di calore e alluvioni (Legambiente 2020) – che hanno causato ingenti danni alla città, alla popolazione e alla sua economia (Arpa 2020b). Nel 2015, la Città ha partecipato come caso studio al Progetto Life DERRIS (DisastEr Risk Reduction InSurance), che oltre a sviluppare un’analisi specifica sul contesto industriale, ha portato alla predisposizione dell’IDAP – Integrated District Adaptation Plan, il Piano di adattamento della Città (Città di Torino 2019). A luglio 2020, è stato pubblicato il Piano di Resilienza, che oltre ad evidenziare le principali vulnerabilità osservate e previste, comprende una lista di azioni da intraprendere per rendere la Città più preparata agli impatti del cambiamento climatico (Città di Torino 2020).
Gli eventi di temperatura estrema e lo stress da calore per la cittadinanza
Fra i diversi paesi del Mediterraneo, l’Italia è il paese con i più alti effetti legati al calore sulla mortalità giornaliera considerando le temperature estive (Guo et al. 2014) e le regioni settentrionali del paese – come Torino – sono caratterizzate da un maggior eccesso di mortalità dovuta al calore (Michelozzi et al. 2006; D’Ippoliti et al. 2010). Torino è infatti caratterizzata da una forte associazione positiva tra mortalità estiva e temperature medie giornaliere (Ellena et al. 2020).
Secondo l’ISTAT, le anomalie di temperatura massima riscontrate nella città nel 2018, rispetto al periodo di riferimento 1971-2000, sono state in aumento, con un valore pari a 2.04°C. Un incremento verosimile è stato riportato anche in relazione all’occorrenza del numero di notti tropicali, con un incremento pari a 12.9 nel corso della stagione estiva 2018, rispetto alla media del periodo di riferimento (ISTAT 2020). Queste stime sono in linea con quanto riportato all’interno del Piano di Vulnerabilità della città, che evince come nel corso degli ultimi 30 anni, la tendenza della temperatura sia stata positiva, con incrementi considerevoli soprattutto durante le stagioni estive (Arpa 2020b). Strettamente legato a questo trend è il verificarsi del fenomeno di Isole di Calore Urbano (UHI) (vedi figura che segue), il quale si diversifica all’interno del contesto urbano in base alle caratteristiche dell’ambiente costruito (Oke 1973). Il punto di partenza per un’adeguata valutazione del rischio per la popolazione è l’identificazione e la distribuzione dell’intensità delle UHI, determinate dalle caratteristiche dell’ambiente costruito.
Distribuzione dell’intensità delle isole di calore all’interno della Città di Torino (VITO, 2016) – https://www.urban-climate.eu/services/eu_cities/
L’analisi di questo fenomeno è utile per comprendere a pieno la distribuzione dei pericoli climatici derivanti dal verificarsi di eventi estremi di temperatura – sul periodo storico e futuro . Al fine di fornire una mappa dettagliata sulla distribuzione delle UHI a Torino, Arpa Piemonte ha presentato i risultati di uno studio di assessment climatico per l’area urbana torinese (vedi figura che segue), facendo emergere come la maggior parte del tessuto urbanizzato della città si trovi nell’area di pericolo “moderata”, pari al 44% del territorio in analisi (Città di Torino 2020).
Distribuzione delle classi di rischio isola di calore (alta, media e bassa) per la Città di Torino (Arpa 2020b) – http://www.comune.torino.it/torinosostenibile/documenti/200727_Piano_Resilienza_Climatica_allegati.pdf (pagina 22)
I risultati di queste analisi hanno evidenziato come entro una distanza di 50 metri dagli edifici industriali, le temperature medie durante gli eventi estremi di calore siano di circa 3°C superiori alla media della città, fino ad arrivare a 1°C ad una distanza compresa tra 50 e 100 metri (Arpa 2020b).
Grazie alla disponibilità di proiezioni delle temperature ad alta risoluzione nel tempo (Bucchignani et al. 2015; Zollo et al. 2015), è stato possibile analizzare come la distribuzione delle temperature massime a Torino – nei mesi estivi – mostri un deciso spostamento verso destra sia per lo scenario RCP4.5 sia per lo scenario RCP8.5. Perciò, ci si attende che il valore medio si presenti con una frequenza inferiore, mentre gli estremi di temperatura saranno sempre più probabili, a conferma di una maggiore variabilità futura (Città di Torino 2020). La tabella che segue mostra l’aumento dei giorni di ondata di calore secondo lo scenario di riferimento e l’arco temporale in analisi, con periodo di controllo 1971-2000.
Indicatore |
Scenario |
2011-2040 |
2041-2070 |
2071-2100 |
Massima lunghezza ondate di calore |
RCP 4.5 |
+4.8 |
+10.6 |
+16.9 |
RCP 8.5 |
+4.6 |
+18.8 |
+46.7 |
|
Variazione del numero di giorni rispetto al controllo |
RCP 4.5 |
+11.4 |
+28.7 |
+36.5 |
RCP 8.5 |
+10.7 |
+39.3 |
+70.8 |
|
N° giorni estivi in ondata di calore |
RCP 4.5 |
+15.3 |
+32.6 |
+40.4 |
RCP 8.5 |
+14.6 |
+43.2 |
+74.7 |
Indicatori rappresentativi della frequenza e dell’intensità delle ondate di calore.
Dalla tabella sopra riportata si evince come sia il numero sia la durata delle ondate di calore siano destinate ad aumentare, a prescindere dallo scenario climatico preso in considerazione. Intorno alla metà del secolo (2041-2070), la variazione del numero di ondate di calore rispetto al periodo di riferimento potrebbe essere pari a +28.7 (RCP 4.5) o a +39.3 (RCP 8.5).
Stesse variazioni in aumento sono previste per la lunghezza massima dei giorni di ondata di calore, pari a +10.6 (RCP P4.5) o a 18.8 (RCP 8.5) (Città di Torino 2020).
Tale incremento è direttamente ricollegabile all’aumento dello stress termico che verrà percepito dalla popolazione a Torino, comportando così un aumento delle ospedalizzazioni e un maggior numero atteso di mortalità giornaliera per stress da calore nei periodi estivi (Arpa 2020b).
A tal proposito, la tabella qui di seguito riporta gli eccessi di mortalità stimata per i mesi estivi e il relativo scostamento percentuale rispetto al trentennio precedente, per gli scenari emissivi RCP 4.5 e RCP 8.5.
Anni |
Scenario |
Numero di morti ‘over 65’ attribuibile alle ondate di calore |
% scostamento rispetto a 30 anni precedenti |
2011-2040 |
RCP 4.5 |
187 |
– |
RCP 8.5 |
184 |
– |
|
2041-2070 |
RCP 4.5 |
406 |
117 |
RCP 8.5 |
541 |
193 |
|
2071-2100 |
RCP 4.5 |
505 |
170 |
RCP 8.5 |
940 |
410 |
Variazione nel numero di morti attribuibili al calore e variazione percentuale degli eccessi di mortalità per scenario RCP4.5 e RCP8.5. Periodo di riferimento: 1971-2000
Tali stime non tengono conto né della diversa distribuzione di età della popolazione né dei possibili cambiamenti nelle condizioni socioeconomiche o nelle azioni di adattamento, pertanto devono essere considerate come puro riferimento per comprenderne il trend nel corso dei decenni (Arpa 2020b).
Le variazioni risultano alquanto allarmanti, in quanto sia il numero di morti attribuibili sia lo scostamento rispetto ai 30 anni precedenti nei due scenari di riferimento mostrano un incremento significativo.
Gli impatti degli eventi di precipitazione estrema
La gestione del reticolo idrografico e dei rischi ad esso connessi è demandata al Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico e al Piano di Gestione del Rischio Alluvioni del Distretto Idrografico del Fiume Po, entrambi di livello sovracomunale. All’interno di tali strumenti normativi, e in ottemperanza alla Direttiva Alluvioni, la Città di Torino è identificata come una delle Aree a Rischio Significativo (ARS) Distrettuali. Dal punto di vista idrografico, l’ARS Distrettuale “Città di Torino” risulta interessata dal reticolo idrografico formato dai fiumi Po, Dora Riparia, Sangone, Stura di Lanzo e Chisola (PRGA – Allegato IV A, Scheda monografica). Il territorio risulta quasi completamente antropizzato, e i corsi d’acqua sono stati nel tempo progressivamente ristretti, rettificati ed in parte canalizzati, al fine di destinare spazi di pertinenza fluviale agli insediamenti residenziali e produttivi della Città. Complessivamente, secondo la perimetrazione delle aree soggette a pericolosità idraulica fornita dalla pianificazione di bacino, all’interno del Comune di Torino una superficie di circa 35 km2 è interessata dal rischio di esondazione di tale reticolo, di cui in particolare il 60% ricade in un’area con un basso rischio esondazione, il 29% ricade in un’area con un medio rischio esondazione, l’11% ricade in un’area con un elevato rischio esondazione. In particolare, per un tempo di ritorno pari a 200 anni, risultano allagate molteplici aree urbanizzate della città. Tale scenario è stato effettivamente riscontrato durante l’evento di piena dell’ottobre 2000, il secondo eventi di allagamento più catastrofico verificatosi nel bacino del Po negli ultimi 50 anni a seguito di piogge intense che nei giorni 12-17 ottobre superarono un cumulo di 700 mm proprio nel territorio della Città e a monte di essa (Castellarin et al., 2009).
A causa di tali caratteristiche, la Città di Torino è particolarmente sensibile alle tematiche del cambiamento climatico e dei relativi impatti. Con la collaborazione di numerosi soggetti tra i quali ARPA e Regione Piemonte, la Città si è dotata, nel 2020, del Piano di Resilienza Climatica (Città di Torino, 2020), che, unitamente al documento di Analisi di Vulnerabilità Climatica, allegato al Piano, identifica le principali vulnerabilità del territorio e individua una serie di misure di adattamento a breve e lungo termine finalizzate a ridurre gli impatti causati principalmente dalle ondate di calore e dagli allagamenti. Con riferimento in particolare a questi ultimi, l’Analisi di Vulnerabilità Climatica individua, sulla base di dati di precipitazione riferiti al periodo 1951-2019, un leggero trend di crescita dei più elevati percentili di precipitazione giornaliera. Sull’arco temporale 1928-2014, viene riscontrato inoltre un significativo trend di crescita dei massimi annuali di precipitazione per varie durate da 1 a 24 ore. Anche per l’intensità di precipitazione sub-oraria (10, 15 e 30 minuti), ancora più affine, rispetto alle piogge giornaliere, ai fenomeni di flooding, si registrano valori massimi particolarmente elevati, sebbene non si possano trarre conclusioni statisticamente significative per tale tipo di eventi.
Per quanto concerne più specificamente le tematiche del flooding, il Piano di Resilienza Climatica mette in evidenza come la morfologia del territorio cittadino, caratterizzata da un reticolo idrografico esteso spesso innestato su pendenze importanti, causi frequenti fenomeni di dissesto idrogeologico in occasione di piogge intense. A ciò si aggiungono frequenti fenomeni di pluvial flooding nelle porzioni pianeggianti della Città. In entrambi i casi si riconosce il ruolo critico dell’urbanizzazione recente, con il conseguente aumento delle superfici impermeabili e il tombamento di molteplici canali cittadini, unitamente alla probabile insufficienza del sistema fognario (Cremonini et al., 2015).
La tabella che segue riporta la variazione percentuale attesa, per effetto dei cambiamenti climatici, nella portata giornaliera massima annuale corrispondente a diversi tempi di ritorno e per diversi orizzonti futuri, rispetto al periodo di riferimento 2071-2100, per tre diversi scenari RCP. Tale informazione è fornita dal servizio Copernicus C3S nell’ambito del dataset grigliato Water Quantity Indicators for Europe, con risoluzione spaziale pari a 5 km, ed è il risultato dell’applicazione di un ensemble di modelli climatici Euro-CORDEX e di un ensemble di modelli idrologici (https://cds.climate.copernicus.eu/cdsapp#!/dataset/sis-water-quantity-swicca). I valori in Tabella 3, ottenuti come media spaziale sul territorio comunale, mostrano una notevole variabilità. A parità di scenario di concentrazione, sotto lo scenario RCP 2.6 le criticità maggiori sono da attendersi a breve termine, sebbene sia sul medio che sul lungo periodo gli incrementi attesi di portata siano di poco inferiori. Sotto lo scenario RCP 4.5, le criticità aumentano via via che ci si sposta nel tempo. Sotto lo scenario RCP 8.5, le maggiori criticità sono da attendersi a medio termine. Per tutti gli scenari, comunque, si registra una variabilità nel tempo piuttosto contenuta. A parità di orizzonte temporale, gli incrementi di portata maggiori sul lungo periodo sono attesi sotto lo scenario RCP 8.5, mentre più contenute sono le criticità attese sotto RCP 2.6 e soprattutto RCP 4.5. Sul medio periodo, le criticità aumentano costantemente spostandosi da RCP 2.6 a RCP 4.5 e RCP 8.5. Sul lungo periodo, infine, le condizioni più critiche sono previste sotto lo scenario RCP 4.5; comunque significativi sono gli incrementi di portata attesi sotto lo scenario RCP 8.5, mentre più contenuti sono quelli previsti sotto lo scenario RCP 2.6. Infine, i valori in tabella mostrano che le variazioni in portata estrema più critiche devono attendersi per i periodi di ritorno più alti, sebbene esse risultino significative anche per i tempi di ritorno più bassi. In altre parole, valori di portata estrema già elevati sotto le condizioni di clima odierno sono attesi aumentare sia in magnitudo sia in frequenza.
Scenario |
RCP 2.6 |
RCP 4.5 |
RCP 8.5 |
||||||
Orizzonte Temporale |
2011-2040 |
2041-2070 |
2070-2100 |
2011-2040 |
2041-2070 |
2070-2100 |
2011-2040 |
2041-2070 |
2070-2100 |
T=2 anni |
20.00 |
22.38 |
12.25 |
20.00 |
31.63 |
43.13 |
24.38 |
40.50 |
32.38 |
T=5 anni |
32.75 |
28.88 |
27.25 |
29.88 |
53.88 |
74.88 |
42.88 |
64.88 |
59.38 |
T=10 anni |
38.13 |
31.88 |
34.00 |
34.00 |
63.75 |
89.13 |
51.13 |
76.13 |
71.50 |
T=50 anni |
46.50 |
36.25 |
43.50 |
40.50 |
78.13 |
109.50 |
63.38 |
92.00 |
89.38 |
T=100 anni |
48.88 |
37.38 |
46.50 |
42.25 |
82.75 |
115.75 |
67.00 |
96.75 |
94.63 |
Variazione percentuale della portata giornaliera massima annuale per vari periodi di ritorno T e per diversi orizzonti temporali futuri rispetto al periodo di riferimento 1971-2000. I valori sono ottenuti considerando l’ensemble mean, e sono mediati tra diversi modelli idrologici disponibili.
La figura che segue mostra infine il cambiamento percentuale atteso, per effetto dei cambiamenti climatici, nella portata giornaliera massima annuale corrispondente ad un periodo di ritorno di 100 anni per l’orizzonte futuro 2071-2100 e per tre diversi scenari RCP. La figura permette di apprezzare una elevata variabilità spaziale della variazione attesa di portata estrema per l’intorno della zona di interesse, sebbene tale variabilità risulti più contenuta all’interno dell’area comunale.
Il maggiore campo di indagine mette inoltre in evidenza, coerentemente con quanto mostrato nella tabella qui sopra, le maggiori criticità attese per l’orizzonte futuro a lungo termine sotto lo scenario di concentrazione RCP 4.5.
Cambiamento percentuale atteso per l’orizzonte futuro 2071-2100, rispetto al periodo di riferimento 1971-2000, fornito dal dataset Water Quantity Indicators for Europe.
Torino e gli IMPATTI connessi ai CAMBIAMENTI CLIMATICI
Paola Mercogliano, Roberta Padulano, Marta Ellena
Tutti gli autori sono afferenti o affiliati alla Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici
Torino e la sua VALUTAZIONE DEL RISCHIO da cambiamenti climatici
Analisi della Valutazione dei Rischi Climatici – Nota Metodologica
La sezione rischi climatici presenta l’analisi del contesto e delle modalità con cui il governo locale ha condotto la valutazione dei rischi climatici a livello comunale.
La metodologia applicata nello studio si basa su un più ampio framework[1] (figura 1a) elaborato dal CMCC nell’ambito del Peer Review Programme 2020-2022[2], programma finanziato dalla Commissione Europea (CE) – Direzione Generale European Civil Protection and Humanitarian Aid Operations (DG ECHO). Tale framework, che costituisce un quadro di riferimento esaustivo per condurre un’analisi della gestione del rischio da disastri nel suo complesso, presenta una sezione dedicata alla valutazione dei rischi (figura 1b), intesa come il processo intersettoriale di identificazione, analisi e valutazione dei rischi che insistono sul territorio e che costituisce la base per la definizione di strategie e di piani di riduzione del rischio da disastri e di resilienza.
Fig.1a – aree di analisi presenti nel quadro di riferimento Peer review assessment framework (Mysiak J, 2021)
Fig.1b – Sottosezioni di analisi relative all’area di analisi Risk assessment (Mysiak J, 2021)Sebbene la valutazione dei rischi considerata nel framework sia riferita a un’analisi di tipo tradizionale, e dunque finalizzata all’individuazione del livello di rischio attuale in riferimento ai diversi pericoli di origine naturale e antropica che insistono sul territorio, è possibile applicare la medesima struttura per condurre l’analisi della valutazione dei rischi in prospettiva climatica.
L’analisi indaga molteplici aspetti inerenti il processo di valutazione, che vengono visualizzati in figura 1b come diversi spicchi che concorrono alla definizione della valutazione nel suo complesso, vale a dire: quadro normativo e procedurale di riferimento, identificazione dei rischi, analisi dei rischi, valutazione dei rischi, comunicazione dei rischi e capacità di condurre la valutazione dei rischi. Di seguito vengono brevemente sintetizzati i diversi aspetti considerati nell’ambito di ciascun componente.
L’analisi del quadro normativo e procedurale di riferimento si focalizza sugli aspetti legislativi e istituzionali, indagando le modalità in cui il processo di valutazione dei rischi climatici viene governato e contestualizzato a livello locale. Inoltre, viene approfondito il coinvolgimento delle diverse istituzioni e dei portatori di interesse, distinguendo ruoli e responsabilità nel processo di valutazione dei rischi.
L’identificazione dei rischi analizza la metodologia con cui sono stati individuati i pericoli rilevanti legati ai cambiamenti climatici e che, di conseguenza, sono oggetto di analisi in termini di localizzazione, quantificazione e valutazione dei potenziali impatti.
L’analisi dei rischi approfondisce e descrive i metodi che sono stati applicati nell’esame, se possibile distinguendo tra qualitativi, semi-quantitativi – basati su matrice di rischio e indicatori, quantitativi – deterministici e probabilistici. In questo contesto si identificano le tipologie di impatti considerate, tipicamente salute umana, attività economiche, ambiente, impatti di natura socio-politica, e si indaga la modalità e la scala utilizzate per l’aggregazione e la presentazione dei risultati finali.
La valutazione dei rischi identifica la metodologia applicata per valutare l’accettabilità o meno del livello di rischio ottenuto e la conseguente necessità di definizione, adozione e attuazione di misure di mitigazione e/o di adattamento.
La comunicazione dei rischi descrive il processo di comunicazione e disseminazione dei risultati dell’intero processo di valutazione ai cittadini, alla società civile, ai decisori politici, alle diverse istituzioni e ai molteplici portatori di interesse. Vengono analizzate le modalità con cui gli scenari di rischio sono resi disponibili, la scala e le metriche utilizzate.
La sezione inerente le capacità riguarda l’analisi delle risorse amministrative, tecniche e finanziarie disponibili presso l’amministrazione comunale per condurre e supportare la valutazione dei rischi climatici.
Le informazioni raccolte e analizzate sono state sistematizzate in un documento descrittivo di sintesi, accompagnato da una serie di grafici ottenuti dall’applicazione di una scheda di valutazione. Al fine di sintetizzare i risultati dell’analisi, infatti, si è definito e applicato uno specifico metodo di caratterizzazione degli stessi, mutuando l’approccio utilizzato nella Disaster resilience scorecard for cities[1] nell’ambito della campagna Making Cities Resilient, a cura di UNDRR (United Nations Office for Disaster Risk Reduction).
Nell’ambito di ciascuna delle sei sotto-sezioni precedentemente descritte sono stati definiti una serie di indici rappresentativi di aspetti chiave analizzati: inquadramento normativo; interistituzionalità e partecipazione di stakeholders; individuazione dei principali pericoli climatici; metodologia di analisi dei rischi climatici, valutazione dei rischi e prioritizzazione degli interventi, informazione e comunicazione al pubblico e disseminazione dei risultati. Per ogni indice è stato definito un criterio di valutazione/caratterizzazione assegnato sulla base delle informazioni presenti nella documentazione analizzata inerente la valutazione dei rischi a livello locale e, qualora possibile, di informazioni raccolte contattando direttamente personale del Comune coinvolto nel processo. I risultati ottenuti sono rappresentati in grafici a radar, che sintetizzano il posizionamento di ogni città relativamente a ciascun indice.
Risultano, quindi, di immediata individuazione le buone pratiche già in essere e le aree di miglioramento in relazione agli aspetti chiave della valutazione dei rischi climatici a livello locale per ogni città analizzata. Inoltre, viene assicurata la comparabilità del posizionamento delle diverse città sulla base di una metrica comune.
[1] https://www.unisdr.org/campaign/resilientcities/toolkit/article/disaster-resilience-scorecard-for-cities
Quadro normativo e procedurale di riferimento
Torino è stata una delle prime città in Italia ad aderire al Patto dei Sindaci nel 2009 e ad approvare il proprio Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile nel 2010, pienamente integrato nelle politiche comunali e regolarmente aggiornato. Vincitrice del premio Covenant of Mayors 2020, Torino viene considerata tra le città più virtuose a livello internazionale, dimostrando un crescente impegno nell’attuazione della transizione energetica e nell’azione sul clima. Nell’ambito del progetto Life DERRIS è stato presentato il piano IDAP – Integrated District Adaptation Plan, che analizza i rischi correlati al cambiamento climatico e i relativi impatti e che costituisce il primo passo verso un piano complessivo di adattamento della città, presentando l’analisi di esposizione ai rischi e la strategia di adattamento ai cambiamenti climatici con particolare riferimento alle piccole e medie imprese (PMI).
Il Piano di Resilienza Climatica, ratificato nel 2020, raccoglie i numerosi contributi forniti da stakeholders chiave nell’ambito di un Gruppo di Lavoro interdipartimentale (in seguito GdL) istituito proprio ai fini della definizione del Piano. Tra questi, particolare importanza riveste l’analisi di vulnerabilità climatica della città, elaborata nel marzo 2020 da Arpa Piemonte. Il Piano di Resilienza ha anche incluso lo studio del progetto DERRIS, che ha visto imprese, pubbliche amministrazioni e assicurazioni collaborare per la mitigazione dei rischi climatici, cercando di creare dei modelli innovativi di partnership pubblico-privato, idonei ad incrementare la tutela del territorio e a sviluppare la resilienza.
L’adattamento al cambiamento climatico è un elemento determinante anche nel Piano Strategico Torino 2030 – Sostenibile e Resiliente e nel Piano Strategico dell’Infrastruttura Verde, pubblicati rispettivamente nel 2019 e 2020. Con il supporto tecnico ed economico del German Marshall Fund of the United States, è stato inoltre avviato il Turin Climate Lab, un confronto con le città americane di Portland, Oakland e New Orleans, che permette di osservare diversi modelli di pianificazione e di verificare l’impatto di alcune tipologie di misure di adattamento già realizzate.
Identificazione dei rischi
Negli ultimi anni, la città di Torino ha registrato danni provocati dall’esondazione di fiumi e un incremento del tasso di mortalità legato alle ondate di calore. Sulla base dell’analisi climatica e della vulnerabilità elaborata da Arpa Piemonte (2018 e 2020), il Piano di Resilienza identifica quali principali rischi urbani per la città le ondate di calore e gli allagamenti causati da precipitazioni intense.
Il rapporto Arpa analizza i dati osservati e le anomalie rispetto al periodo di riferimento 1971-2000 di diverse variabili meteorologiche, quali temperature annuali, mensili e stagionali, massime e minime, ciclo diurno e andamento giornaliero, numero di notti tropicali e giorni di gelo, evidenziando negli ultimi sessant’anni un significativo aumento sia dei valori massimi che dei valori medi delle temperature nel corso di tutto l’anno e, in maniera più accentuata, durante la stagione invernale. L’analisi dei dati di precipitazione media annua e stagionale, calcolata a partire dal 1951 fino al 2019 rispetto al periodo 1971-2000 non ha delineato alcuna tendenza significativa, mentre per quanto riguarda le precipitazioni intense si è rilevato un lieve aumento dei valori estremi di distribuzione della pioggia giornaliera fino al 2019. Lo studio ha anche analizzato i dati osservati delle portate medie mensili e giornaliere del Po, registrati dalla stazione idrometrica di Torino dal 1935 al 2016.
L’elaborazione delle proiezioni future delle variabili climatiche è stata effettuata utilizzando le simulazioni ad alta risoluzione ottenute con il modello climatico regionale COSMO-CLM (CMCC), considerate nel Piano Nazionale di Adattamento nello scenario RCP 4.5. Sono stati calcolati i valori di temperatura media, minima e massima nel periodo di controllo 1971-2005 dei periodi di 30 anni successivi (2011-2040, 2041-2070, 2071-2100). Le analisi, ottenute applicando una correzione di bias ai dati del modello per eliminare l’errore sistematico presente, prevedono l’incremento di giorni estivi con ondate di caldo, oltre che di frequenza e di massima durata. Inoltre, analizzando lo scenario RCP 8.5 sono stati calcolati i valori medi, massimi e minimi di temperatura rilevando che, data la tendenza degli ultimi 40 anni, lo scenario RCP 8.5 parrebbe essere quello più verosimile.
Gli scenari RCP 4.5 e 8.5 sono stati utilizzati anche per la proiezione delle precipitazioni nei periodi 2011-2040, 2041-2070, 2071-2100, considerando il numero dei giorni con precipitazioni, la pioggia media mensile, la precipitazione media annua. È stata condotta, inoltre, l’analisi del numero di giorni consecutivi con precipitazione inferiore a 1mm, per gli scenari 4.5 e 8.5 fino al 2100 evidenziando un aumento della lunghezza massima dei periodi secchi.
Nell’ambito del progetto DERRIS si sono individuati e analizzati 7 pericoli principali: temperature estreme, alluvioni, pioggia, vento, grandine, fulmini, frane. Le analisi condotte nel progetto sono state finalizzate ad accrescere la resilienza delle PMI rispetto a rischi causati dai cambiamenti climatici: partendo dall’utilizzo di strumenti di autovalutazione (ad esempio, il CRAM tool), ciascuna azienda (PMI) ha definito un piano d’azione per l’adattamento ai cambiamenti climatici (CAAP- Company Adaptation Plan), individuando le azioni chiave da implementare per ridurre la propria vulnerabilità. Dall’analisi dei CAAP è emerso che tra i pericoli cui le aziende sono maggiormente esposte vi sono le temperature estreme, fenomeno successivamente approfondito nell’IDAP.
Analisi dei rischi
Pericolo ondate di calore.
Il progetto DERRIS ha analizzato i dati registrati da 16 stazioni meteorologiche a terra di ARPA e della Società metereologica italiana posizionate nella città di Torino, in particolare considerando il numero di eventi estremi registrati tra il 1782 e il 2015: il trend degli ultimi 50 anni ha rilevato ondate di calore 33 volte maggiore rispetto al periodo 1782-1964. Ai fini della stima del livello di pericolo per le diverse zone della città, sono stati analizzati i dati e immagini satellitari di recenti eventi storici estremi (ondate di calore del 11 agosto 2003; del 21 luglio 2006; e del 22 luglio 2015. Tramite un’interpolazione dei dati rilevati dalle stazioni prese in considerazione e l’analisi di immagini satellitari sono state elaborate mappe della distribuzione delle temperature su tutto il territorio della città per ogni evento. Le elaborazioni evidenziano risultati simili per tutte le giornate analizzate, rilevando come le zone più calde si trovino in prossimità di grandi edifici industriali e le zone più fresche lungo i fiumi e vicino alla vegetazione fitta.
Per i diversi campi di temperatura, la classificazione del pericolo è stata valutata sulla base della deviazione standard dei dati osservati dalla media. Le aree sono considerate a basso pericolo se la temperatura è entro una deviazione standard della media; pericolo moderato: tra uno e due deviazioni standard al di sopra della media; elevato pericolo: temperatura superiore a due deviazioni standard superiori alla media.
Nello studio di Arpa Piemonte l’analisi del pericolo delle ondate di calore è stata svolta utilizzando l’indice Excess Heat Factor (EHF), che definisce un’ondata di calore quando si verificano per tre o più giorni consecutivi le condizioni positive di tale indice. L’EHF combina due indici: una misura del calore in eccesso, ovvero la deviazione della temperatura media sul lungo periodo rispetto al periodo di riferimento 1971-2000; e l’acclimatazione locale nel breve periodo e dello stress termico, cioè deviazione della temperatura media rispetto ai 30 giorni precedenti. Da queste analisi non si osserva un trend statisticamente significativo, ma è evidente che le estati più calde si sono verificate nel nuovo millennio con almeno una ondata di calore ogni anno secondo questo indice.
L’esposizione del territorio e della comunità è stata valutata in DERRIS mediante sovrapposizione cartografica in ambiente GIS (Geographic Information System) dei dati inerenti a infrastrutture, servizi, e popolazione con i dati di pericolosità. La popolazione esposta è stata analizzata utilizzando diversi indicatori demografici dal censimento ISTAT 2011, quali popolazione over 65, donne over 65 e popolazione sotto ai 5 anni. Le infrastrutture critiche considerate sono i servizi di emergenza, i servizi pubblici, gli edifici rustici, le infrastrutture di trasporto, ed il settore produttivo (commercio).
La vulnerabilità sociale è stata stimata utilizzando i dati ISTAT 2011 relativi a popolazione disoccupata, popolazione con educazione elementare e popolazione che vive da sola e sono stati valutati gli effetti del caldo sulla salute e sulle attività umane considerando una serie di indici biometeorologici inerenti l’interazione tra i fenomeni atmosferici e l’organismo umano. Attraverso l’applicazione di formule empiriche basate su parametri meteorologici come temperatura e umidità dell’aria, vento e pressione al suolo, infatti, si stima la temperatura percepita dal corpo umano. Questi valori sono poi confrontati le soglie di benessere/disagio in classificazione biometeorologica ottenute da studi fatti su una popolazione campione. I principali indici utilizzati sono: temperatura apparente; discomfort index/indice di thom(stima della temperatura percepita); humidex; giorni tropicali[1]; notti tropicali[2]. Emerge che si assiste ad un sensibile aumento del numero di giorni caratterizzati da disagio nell’ultimo ventennio.
La valutazione del rischio presente nel Piano di Resilienza, basata sullo studio presente in DERRIS, approfondisce l’analisi delle condizioni di disagio della città. Il GdL, inoltre, ha svolto analisi qualitative degli impatti dovuti all’aumento delle ondate di caldo e la formazione delle isole di calore urbano con i principali stakeholders, individuando conseguenze su aria, verde urbano, industria, sistema socio-economico, agricoltura urbana, energia, salute, qualità della vita, acqua e infrastrutture. La città si è anche avvalsa del gruppo di ricerca REEST- Ricerca Eventi ESTremi dell’Università di Torino per condurre uno studio degli impatti percepiti dalla popolazione più vulnerabile socialmente (basso reddito, alto tasso di disoccupazione e basso livello di scolarizzazione), indagando come lo stress sociale influisca sullo shock determinato da eventi estremi. L’indagine è stata condotta utilizzando una metodologia qualitativa, in particolare raccogliendo le narrazioni dei cittadini in tema di cambiamento climatico con focus specifico sulle ondate di calore al fine di raccogliere informazioni e dati sulle strategie comportamentali e pareri in merito ad azioni e progetti adottati dalla città.
Infine, nell’ambito del GdL sono stati considerati gli impatti e i rischi indiretti causati dal cambiamento climatico, definiti come “catena di impatti”, quali episodi acuti di inquinamento, di concentrazioni polliniche nell’aria e fenomeni di diffusione di specie vegetali invasive e di malattie tropicali trasmesse da vettori.
Alluvioni fluviali e allagamenti urbani.
La città di Torino è ricompresa nelle Aree a Potenziale Rischio Significativo (APSFR) di livello distrettuale, così come definite dall’Autorità di bacino distrettuale (ABD) del Fiume Po ai sensi dell’art. 5 della Direttiva Alluvioni 2007/60/CE (FD) e del D.Lgs.49/2010. Alla fine del 2020 si sono concluse le attività inerenti l’aggiornamento delle mappe di pericolosità e di rischio che, ai fini del successivo aggiornamento del Piano di Gestione del Rischio di Alluvioni è stato limitato alle sole APSFR. Le informazioni connesse a tale aggiornamento includono, oltre all’estensione delle aree allagabili per diversi scenari di probabilità d’evento, i tiranti, le velocità, dati quantitativi e qualitativi riguardanti gli elementi esposti ricadenti nelle aree allagabili.
L’approfondimento circa la vulnerabilità sociale e la stima dell’esposizione per quanto riguarda le inondazioni causate da alluvioni fluviali è stato condotto nell’ambito del progetto DERRIS, analogamente a quanto già descritto per le ondate di calore.
In merito alle alluvioni pluviali, Arpa Piemonte ha elaborato la stima della pericolosità di allagamenti dovuti a precipitazioni intense analizzando i dati pluviometrici osservati e le proiezioni future. Tale valutazione riporta un’analisi qualitativa della rete fognaria di Torino e una mappa che mostra le strade soggette a fenomeni di allagamento con frequenza moderata ed elevata elaborata dalla Società Metropolitana Acque Torino (SMAT). Inoltre, tramite un’analisi partecipativa tra il Gruppo di Lavoro (GdL) intersettoriale del Piano di Resilienza e gli stakeholders, sono state analizzate le ripercussioni di tali eventi su diversi settori, riscontrando effetti significativi principalmente sul sistema di rete di smaltimento delle acque, sul verde urbano, sulla vita cittadina, sulle infrastrutture e sulla circolazione stradale.
Preme sottolineare che, nell’ambito del progetto DERRIS, è stata condotta anche un’analisi multi-pericolo sovrapponendo cartograficamente i risultati delle analisi relative all’isola di calore urbano alle zone di inondazione fluviale, individuando zone cosiddette multi-pericolo, concentrate nelle sezioni più basse della Dora Riparia e della Stura di Lanzo e lungo la riva occidentale del fiume Po.
[1] Temperatura massima dell’aria maggiore di 30°C
[2] Temperatura minima dell’aria maggiore di 20°C
Valutazione dei rischi
Il Piano di Resilienza Climatica basa la prioritizzazione delle azioni di mitigazione sul documento di valutazione dei rischi, che presenta la mappatura delle aree a diverse classi di rischio relative a ondate di calore e ad alluvioni. Viene considerata, inoltre, l’analisi multi-pericolo che individua le zone urbane su cui insistono entrambi i fenomeni. L’analisi del rischio climatico informa anche il Piano Strategico Infrastruttura Verde, che definisce le priorità gestionali del sistema di infrastruttura verde pubblica urbana, valuta opportunità e identifica obiettivi e azioni per lo sviluppo del verde pubblico, con particolare riferimento alle aree a maggiore vulnerabilità climatica. In relazione al rischio di allagamenti dovuto a precipitazioni intense, la valutazione del rischio ha permesso di identificare criticità puntuali su cui è opportuno intervenire con strumenti di infrastruttura verde e sistemi ecosistemici, che sono stati proposti nel Piano Strategico.
Comunicazione dei rischi
La città di Torino si è dedicata alla definizione e all’implementazione di molteplici attività dedicate alla comunicazione, alla disseminazione e all’informazione rivolte ai diversi portatori di interesse locali. I piani adottati e i risultati dei progetti sono pubblicati sulle pagine internet dedicate, così come le analisi dei rischi climatici. Inoltre, il Comune ha da sempre promosso un approccio partecipativo, organizzando iniziative di sensibilizzazione sui rischi climatici e di disseminazione dei piani urbanistici e delle strategie di mitigazione adottati a livello comunale. In particolare, il piano di resilienza è stato presentato al pubblico anche attraverso canali di informazione online e social network.
Il Piano di resilienza e il Progetto DERRIS sono facilmente accessibili sul sito del Comune. Il documento di Arpa inerente la valutazione e l’analisi della vulnerabilità climatica della città è reperibile su internet. Sul Geoportale della città di Torino è possibile visualizzare il Piano regolatore generale unitamente a tutti gli allegati tecnici e alla normativa di riferimento.
La città ha anche predisposto il portale web Torino Vivibile (https://www.torinovivibile.it) dedicato alla consultazione di dati ambientali e alla divulgazione delle progettualità per una città più accessibile, circolare e verde, utilizzandola come strumento per la partecipazione pubblica a sondaggi e questionari sulle iniziative della città in questi ambiti. La redazione del Piano di Resilienza Climatica e l’implementazione del progetto DERRIS sono state accompagnate da un costante confronto con stakeholders locali, in particolare cittadini e aziende, e con altre città a livello nazionale e internazionale che già si erano dotate di un Piano di adattamento.
In generale, il confronto con i principali portatori di interesse presenti sul territorio è uno degli aspetti chiave che caratterizza l’approccio della città al tema dei cambiamenti climatici: aziende erogatrici dei servizi pubblici, associazioni, imprese, università e accademie, Regione Piemonte, Città Metropolitana e Pubbliche Amministrazioni sono state coinvolti negli anni in maniera pressoché costante. Anche il confronto e lo scambio di esperienze con altre realtà virtuose a livello nazionale e internazionale non sono mancati. In particolare, è stata avviata una collaborazione con Portland (leader mondiale per il piano di adattamento climatico di cui si è dotata), Oakland e New Orleans, coinvolgendo rappresentanti politici e tecnici che hanno illustrato la propria esperienza riguardo alla predisposizione del Climate Action.
Nel progetto DERRIS è stato avviato un processo di sensibilizzazione e di diffusione del tema del cambiamento climatico e dei rischi che esso comporta, per ridurlo il più possibile e incrementare la resilienza. Si è portato a conoscenza il tema nel biennio 2018-2020 attraverso contatti telefonici, l’invio della brochure on-line e visite in azienda. Inoltre, è stato ideato un webtraining[1] composto da brevi video di informazione sul rischio e la sua gestione per agevolare la diffusione a un numero più ampio di PMI italiane. Il DERRIS ha creato un portale informativo semplice e accessibile a tutti, per riordinare le informazioni che ci sono nel web, campagne di informazione a tutti i livelli, diffusione di video di aziende che hanno aderito al progetto, come esempio per le altre imprese, mostra divulgativa, convegni.
[1] http://www.derris.eu/valuta-il-rischio/toolkit-per-le-imprese/
Capacità di valutazione dei rischi
Torino possiede elevate capacità tecniche, finanziarie e amministrative dedicate alla valutazione e alla gestione dei rischi climatici.
La città è considerata tra le più virtuose a livello nazionale e internazionale per l’impegno profuso nel rafforzamento della resilienza locale. Mediante un approccio intersettoriale e interistituzionale, la città ha saputo mettere a sistema le conoscenze al fine di elaborare un’approfondita valutazione dei rischi climatici che informa la pianificazione locale in riferimento ai diversi ambiti. Inoltre, il rafforzamento delle capacità tecniche interne all’amministrazione in merito ai cambiamenti climatici è considerata una delle azioni di adattamento strategiche individuate nel Piano di Resilienza.
L’approccio partecipativo, adottato e promosso dal Comune nell’ambito dell’elaborazione dei Piani e nello svolgimento di progetti, ha portato a un reale coinvolgimento dei cittadini nella valutazione dei rischi climatici e nella definizione di strategie di adattamento e di resilienza.
Posizionamento della città di Torino in riferimento agli indici rappresentativi delle sezioni analizzate nel presente studio
Torino e la sua VALUTAZIONE DEL RISCHIO da cambiamenti climatici
Veronica Casartelli(*), Letizia Monteleone(*), Jaroslav Mysiak(*), Elisa Lamesso
Tutti gli autori sono afferenti o affiliati alla Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici eventuali ulteriori afferenze sono indicate insieme ai nomi degli autori
(*) Università Ca’ Foscari Venezia
Torino e i suoi STRUMENTI DI ADATTAMENTO ai cambiamenti climatici
Cosa c'è in questa sezione
Qui di seguito si presenta un documento che contiene la descrizione del metodo e dei risultati relativi alla valutazione di alcuni strumenti (strategie, piani, programmi, progetti) delle sei città campione (Bologna, Milano, Napoli, Roma, Torino e Venezia), i quali possono avere un ruolo – esplicito o implicito – nel fronteggiare i rischi climatici. La ricerca è stata svolta tra febbraio e giugno 2021, col supporto di dirigenti e/o responsabili di diversi settori dei comuni considerati.
Il metodo si basa sull’applicazione di quattro criteri per l’analisi di strategie, piani, programmi, progetti, al fine di verificarne i contenuti rispetto al tema dell’adattamento ai cambiamenti climatici. I criteri derivano principalmente da analisi e sintesi della letteratura scientifica e poggiano in parte sui contenuti della Strategia europea (European Commission, 2013) e nazionale (MEPLS, 2015) di adattamento ai cambiamenti climatici (Tabella 1). I quattro criteri consentono potenzialmente di applicare il metodo a diverse scale e in diversi contesti territoriali (Ledda et al., 2021).
Per ciascuna città sono state prodotte delle schede infografiche di sintesi dei principali strumenti di cui la città dispone per fronteggiare i rischi climatici. Per ogni strumento sono indicati il riferimento temporale, i principali rischi climatici a cui lo strumento risponde e gli obiettivi di adattamento. Infine sono riassunte le principali azioni di adattamento su cui la città sta investendo/intende investire maggiormente, seguendo la seguente classificazione in categorie di azioni proposta dall’IPCC.
Torino e i suoi STRUMENTI DI ADATTAMENTO ai cambiamenti climatici
Antonio Ledda(*), Vittorio Serra(*), Maria Grazia Gavina Ruiu(*), Valentina Bacciu(**), Serena Marras(*), Valentina Mereu
Tutti gli autori sono afferenti o affiliati alla Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici eventuali ulteriori afferenze sono indicate insieme ai nomi degli autori
(*) Università di Sassari, (**) CNR-Istituto per la BioEconomia