Milano e il CLIMA: passato e futuro

  • Nota Metodologica

    L’analisi climatica effettua una rappresentazione di dettaglio del clima attuale ed atteso per le diverse città di interesse avvalendosi di una serie di indicatori comunemente utilizzati in letteratura per caratterizzare il clima e la sua evoluzione sia per quanto attiene i valori medi, quali l’andamento della temperatura e precipitazione su scala annuale e stagionale, sia per quanto riguarda l’andamento dei valori più estremi di queste stesse variabili. I valori estremi sono dei valori assunti dalle variabili di interesse (ad es. precipitazione, temperatura) che differiscono dai valori che essa assume in media sull’area in un periodo di riferimento e che, quindi, hanno una probabilità bassa di occorrenza.

    Nello specifico, gli indicatori più utilizzati per descrivere intensità e frequenza di occorrenza di questi eventi sono quelli definiti dall’ETCCDI; essi sono relativi a diverse variabili atmosferiche, ma quelli maggiormente utilizzati in letteratura riguardano precipitazione e temperatura, e sono molto utili per successivi studi di settore volti a valutare i principali impatti locali del cambiamento climatico su cui si basano le strategie di adattamento (Karl et al. 1999, Peterson et al. 2001). In questo studio vengono analizzati alcuni tra questi indicatori, individuati tra quelli ritenuti più rilevanti a livello urbano. È importante precisare, a tal proposito, che lo studio del clima implica, per definizione, l’utilizzo di lunghe scale temporali; in particolare, la World Meteorological Organization(WMO 2007) stabilisce in 30 anni la lunghezza standard su cui effettuare delle analisi statistiche che possano essere considerate rappresentative del clima di una certa area. Per questo motivo, sia per la descrizione del clima attuale sia per quanto riguarda le variazioni del clima futuro rispetto al clima di riferimento, sono analizzati periodi di lunghezza di almeno 30 anni.

    Entrando nel dettaglio, per quanto riguarda l’analisi del quadro climatico attuale, i diversi indicatori sono calcolati sulla base di dati atmosferici derivanti da una simulazione climatica di reanalisi ad altissima risoluzione spaziale (circa 2 km) prodotta dalla Fondazione CMCC (Raffa et al; 2021)e disponibile sull’Italia per il periodo 1989-2020 . Tale simulazione (di seguito indicata come ERA5-2km) è ottenuta localizzando dinamicamente, con il modello regionale climatico (RCM) COSMO-CLM (Rockel at al. 2008), modello climatico sviluppato dalla CLM Assembly con cui la Fondazione CMCC collabora, la rianalisi ERA5.

    Le reanalisi sono un potentissimo strumento, che, combinando in modo coerente la modellazione numerica con le osservazioni (attraverso l’utilizzo di tecniche di assimilazione dei dati), possono fornire un quadro coerente e consistente del clima attuale.

    ERA5 rappresenta la quinta rianalisi globale prodotta dal Centro Europeo per le Previsioni Meteorologiche a Medio Termine (European Center Medium Weather Forecast, ECMWF) a risoluzione spaziale di circa 31 km. Allo stato attuale fornisce, in operativo, dati dal 1979 ai giorni nostri a risoluzione oraria. Esiste anche un’estensione al 1950 ancora in fase di validazione.

    Per quanto riguarda l’analisi del quadro climatico futuro, sono analizzate le variazioni climatiche attese (per effetto dei cambiamenti climatici di natura antropica) nell’area di studio rispetto ad un clima di riferimento. In questo caso, i diversi indicatori sono calcolati sia sulla base delle proiezioni climatiche al 2100 ad alta risoluzione (circa 8 km) per l’Italia prodotte dalla Fondazione CMCC (Bucchignani et al. 2016; Zollo et al. 2016) attraverso il modello regionale climatico (RCM) COSMO-CLM, considerando gli scenari IPCC RCP4.5 e RCP8.5 sia utilizzando i modelli climatici regionali disponibili nell’ambito del programma EURO-CORDEX alla più alta risoluzione attualmente disponibile: di circa 12 km sull’Europa.

    Maggiori informazioni riguardo l’iniziativa EURO-CORDEX sono disponibili al link http://www.euro-cordex.net. L’utilizzo di tutti i dati disponibili nel programma EURO-CORDEX consente un’analisi della variabilità climatica attraverso usando un approccio multi-model. Vale a dire che, a partire dalle diverse simulazioni disponibili, è possibile stimare il valore della anomalia media (ensemble mean), calcolata mediando i valori di tutte le simulazioni considerate, rispetto alle variabili (temperatura e precipitazione) e agli indicatori di interesse, per i due scenari considerati, e infine valutata l’incertezza associata (Jacob et al. 2020; Kotlarski et al. 2014).

    Tra gli scenari realizzati e resi disponibili dall’Integovernamental Panel on Climate Change (IPCC), ci si è concentrati qui su questi due (RCP4.5 e RCP8.5) in quanto sono gli scenari per i quali, al momento della realizzazione di questo lavoro, sono disponibili le analisi più avanzate. È bene sottolineare che RCP8.5 rappresenta lo scenario più estremo, quello che prevede nessuna iniziativa per ridurre la concentrazione di CO2 in atmosfera e quindi l’innalzamento della temperatura media globale. Si tratta di uno scenario probabilmente non realistico, che però è utile come termine di paragone per analizzare i cambiamenti climatici futuri rispetto all’assenza o meno di politiche di mitigazione. Per praticità e per semplificare la comunicazione, i due scenari sono riportati nel testo delle analisi come “scenario con politiche climatiche” (RCP4.5), e “scenario senza politiche climatiche” (RCP8.5) Per i dati EURO-CORDEX inoltre sono stati considerati 3 scenari IPCC RCP2.6, RCP4.5 ed RCP8.5; tuttavia poiché i modelli disponibili per lo scenario RCP2.6 sono in un numero molto minore (9) rispetto a quelli utilizzati per i rimanenti scenari (18) si è ritenuto, per non considerare analisi con diverso grado di affidabilità di non riportare  i risultati ottenuti con questo scenario.

1989-2020: evoluzione di temperatura e precipitazione

I grafici qui di seguito mostrano anomalie per il periodo 1989-2020, ossia la differenza tra valori annuali e la media del periodo, in riferimento ai valori di temperature medie (espresse in °C) e alla precipitazione annuali (espresse in percentuali).
Per quanto attiene la temperatura si registra un trend di crescita statisticamente significativo con anomalie sempre positive, dal 2014 in avanti.
Per le anomalie di precipitazione annuale media, invece, non si nota un andamento statisticamente significativo: emergono anomalie che però non definiscono una chiara tendenza per la città di Milano.

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Andamento dell’anomalia annuale di temperatura media calcolata rispetto alla temperatura annuale media sul periodo 1989-2020.

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Andamento dell’anomalia di precipitazione annuale calcolata rispetto alla precipitazione annuale media sul periodo 1989-2020.

1989-2020: andamento degli indicatori climatici

Attraverso gli indicatori climatici si analizzano alcune  specifiche caratteristiche del clima della città.

Gli indicatori qui considerati per quanto riguarda la temperatura sono tre:

Notti calde. Indica il numero di giorni con temperatura minima maggiore di 20°C. Si tratta di un valore molto importante per valutare l’impatto dei cambiamenti climatici sul benessere fisico delle persone.

Giorni molto caldi. Indica il numero di giorni in cui la temperatura massima giornaliera supera i 25°

Questi due indicatori sono importanti per lo studio degli ad impatti dei cambiamenti climatici sulla salute delle persone e sui consumi energetici per il raffrescamento degli ambienti.

Giorni freddi. Il numero dei giorni in cui la temperatura scende sotto 0°C

Dal grafico che riporta l’andamento annuale degli indicatori si vede come notti calde e giorni molto caldi seguono una crescita nel periodo 1989-2020, mentre i giorni freddi mostrano una diminuzione nel medesimo periodo. I tre indicatori mostrano insieme un andamento coerente verso la stessa direzione, e cioè il riscaldamento.

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Rappresentazione del ciclo annuale (percentuali di giorni al mese) per gli indicatori che nel testo sono descritti come giorni freddi (frost days, FD), notti calde (tropical nights, TR) e giorni molto caldi (summer days, SU) sul periodo 1989-2020.

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Andamento annuale annuale (percentuali di giorni l’anno) per gli indicatori che nel testo sono descritti come giorni freddi (frost days, FD), notti calde (tropical nights, TR) e giorni molto caldi (summer days, SU) sul periodo 1989-2020.

Per quanto riguarda le precipitazioni, gli indicatori presi in considerazione sono:

Giorni consecutivi senza precipitazioni: percentuale media mensile del numero massimo di giorni consecutivi senza pioggia (ovvero con pioggia inferiore ad 1 mm).

Precipitazioni intense: numero di giorni con precipitazione molto intensa (uguale o superiore a 20mm)

Precipitazioni massime: il valore massimo di precipitazioni in un giorno.

Dai grafici che riportano l’andamento annuale degli indicatori sul periodo in studio, si vede come i giorni consecutivi senza precipitazioni (CDD) e i massimi giornalieri di precipitazione (RX1DAY) sono caratterizzati da un trend decrescente statisticamente significativo nel periodo 1989-2020.

Per quanto attiene gli andamenti medi mensili del numero massimo di giorni consecutivi senza precipitazione (CDD), essi evidenziano che tale indicatore assume valori più alti nei mesi invernali (Dicembre, Gennaio e Febbraio) con percentuali intorno al 50% del numero medio massimo di giorni consecutivi al mese senza precipitazioni. Tuttavia, tale valore risulta molto variabile al variare dell’anno (dispersione intorno al valore medio, espressa in termini di deviazione standard, di circa 14 giorni). Nei mesi di Aprile, Maggio e Giugno si osservano dei valori più bassi per questo indice, dell’ordine del 30%, ma con una variabilità minore (di circa 8 giorni, ovvero del 5%). Tali andamenti sono confermati anche su scala stagionale, in particolare si osserva mediamente un numero massimo di giorni senza precipitazione di circa 25 giorni nella stagione invernale e di circa 17 giorni durante l’estate. Valori intermedi si verificano durante la stagione primaverile e autunnale. Mediamente su base annuale vengono osservati circa 30 giorni consecutivi senza precipitazione con una dispersione di circa 9 giorni. Diversi lavori di letteratura riportano come l’andamento della lunghezza di periodi senza pioggia possa determinare importanti impatti anche nelle aree urbane per quanto attiene la funzionalità di alcune componenti, tra le quali ad esempio vi sono: approvvigionamento idrico, gestione delle acque reflue, gestione delle aree verdi urbane, popolazione, infrastrutture sanitarie.

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Ciclo annuale degli indicatori relativi a precipitazioni intense (R20), massimo numero di giorni consecutivi senza pioggia (CDD), entrambi calcolati in termini di percentuale di giorni al mese, e valori massimi giornalieri di pioggia (RX1day), sul periodo 1989-2020.

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Evoluzione annuale degli indicatori relativi a piogge intense (R20) massimo numero di giorni consecutivi senza pioggia (CDD), calcolati entrambi in termini di percentuale di giorni al mese, e valori massimi giornalieri (RX1DAY), sul periodo 1989-2020. l’andamento sul periodo non risulta statisticamente significativo per l’indicatore R20, mentre l’indicatore CDD e RX1DAY sono entrambi caratterizzato da un andamento sul periodo decrescente statisticamente significativo.

Scenari climatici per il futuro

Gli scenari climatici elaborati per la presente analisi prendono in considerazione, con orizzonte temporale a fine secolo, la temperatura media stagionale e il WSDI – Warm Spell Duration Index, indice  rappresentativo delle ondate di calore su base stagionale. Più nel dettaglio, WSDI indica il numero di giorni in cui la temperatura massima è superiore al 90° percentile della temperatura massima stagionale per almeno 6 giorni consecutivi.

Per quanto attiene l’andamento di crescita della temperatura media si vede come lo scenario senza politiche climatiche  sia quello che riporta incrementi maggiori specie nella stagione estiva (con incrementi fino a  circa 6 gradi su 100 anni, nell’ipotesi di un trend lineare)  ed autunnale (con incrementi fino a  circa 5 gradi su 100 anni, nell’ipotesi di un trend lineare). Lo scenario con politiche climatiche,invece, riporta delle variazioni analoghe per tutte le stagioni con incrementi di circa 2°C su 100 anni (nell’ipotesi di un trend lineare).


Nei grafici sono riportati i cambiamenti della temperatura media stagionale per i modelli EURO-CORDEX. Il colore rosso è associato allo scenario senza politiche climatiche, il colore blu allo scenario con politiche climatiche. La linea spessa indica l’ensemble mean (la media dei risultati prodotti da diversi modelli) a parità di scenario considerato. L’area colorata rappresenta la deviazione standard, ovvero la dispersione dei modelli che costituiscono l’insieme dei modelli EURO-CORDEX, attorno al valore medio, a parità di scenario.

Per quanto riguarda il trend stagionale atteso del numero di giorni molto caldi (WSDI)  si evidenzia una crescita generalizzata, che è molto più marcata nello scenario senza politiche climatiche.


Nei grafici sono riportati i cambiamenti dell’indicatore WSDI per i modelli EURO-CORDEX. Il colore rosso è associato allo scenario senza politiche climatiche, il colore blu allo scenario con politiche climatiche. La linea spessa indica l’ensemble mean (la media dei risultati prodotti da diversi modelli) a parità di scenario considerato. L’area colorata rappresenta la deviazione standard, ovvero la dispersione dei modelli che costituiscono l’insieme dei modelli EURO-CORDEX, attorno al valore medio, a parità di scenario.

Per quanto attiene invece il trend di precipitazione, sia per i valori cumulati che per gli estremi su base stagionale è da considerarsi che esso è un parametro molto complesso da valutare, che dipende da molteplici fattori e quindi l’influsso dei cambiamenti climatici risulta meno evidente rispetto a quello che emerge analizzando le tendenze della temperatura. In particolare, le variazioni della precipitazione stagionale sono caratterizzate da notevole incertezza*, come illustrato nella tabella che segue.

Se si considerano le variazioni stagionali riportate dal singolo modello COSMO CLM, alla risoluzione di 8 km, utilizzando una configurazione ottimizzata sull’Italia (variazione per il periodo 2035-2065 rispetto al periodo di riferimento 1981-2010) si nota, per lo scenario con politiche climatiche, una lieve diminuzione delle piogge invernali,  una diminuzione più marcata nella stagione estiva e primaverile e un aumento delle piogge autunnali; mentre, per lo scenario senza politiche climatiche, si rileva un aumento delle piogge invernali ed autunnali e diminuzione delle piogge primaverili ed estive.

*La stima dell’incertezza è rappresentata dalla deviazione standard, che consente di definire un intervallo di variazione intorno al valore medio (Von Trentini et al., 2019). L’analisi dell’incertezza è fondamentale per l’interpretazione dell’indicatore, poiché fornisce una misura del grado di accordo tra i diversi modelli climatici dell’ensemble EURO-CORDEX. In altre parole, quanto più è basso il valore di deviazione standard tanto più sarà elevato il grado di accordo tra i modelli climatici, e viceversa.

Stagione

RCP 4.5

RCP 8.5

Variazione attesa [%]

(media EURO-CORDEX)

Range di

incertezza [%]

Variazione attesa [%]

(media EURO-CORDEX)

Range di

incertezza [%]

Inverno

+11

±13

+5

±14

Primavera

-4

±9

+1

±11

Estate

-7

±12

0

±14

Autunno

-2

±11

+2

±11

Variazione media attesa sul dominio di interesse come fornito dall’ensemble EURO-CORDEX e relativa stima dell’incertezza, per i due scenari di concentrazione e le diverse stagioni, per l’indicatore PRCPTOT (precipitazione cumulata)


Variazione spaziale dell’anomalia della precipitazione stagionale per il periodo 2036-2065 rispetto al periodo 1981-2010 con il modello COSMO-CLM ad 8 km.


Variazione spaziale dell’anomalia dei massimi di precipitazione giornaliera per stagione, per il periodo 2036-2065 rispetto al periodo 1981-2010 con il modello COSMO-CLM ad 8 km.

Per quanto riguarda gli estremi di precipitazione anche in questo caso si nota una forte incertezza dei modelli dell’ensemble EURO-CORDEX ad eccezione della stagione invernale dove si nota come la maggior parte dei modelli EURO-CORDEX, per lo scenario RCP4.5,  indichi un aumento di tali estremi, come illustrato nella tabella che segue.

Se si considerano i valori riportati dal singolo modello COSMO CLM si trovano (variazione per il periodo 2036-2065 rispetto al periodo di riferimento 1981-2010) per lo scenario con politiche climatiche un incremento massimo di pioggia giornalieri nella stagione autunnale e per lo scenario senza politiche climatiche viene riportato un incremento dei massimi di pioggia giornalieri nella stagione invernale, più lieve nelle stagioni primaverili ed autunnali ed un lieve decremento per quella estiva.

Stagione

RCP 4.5

RCP 8.5

Variazione attesa [%]

(media EURO-CORDEX)

Range di

incertezza [%]

Variazione attesa [%]

(media EURO-CORDEX)

Range di

incertezza [%]

Inverno

+10

±8

+9

±10

Primavera

+4

±10

+8

±11

Estate

+2

±13

+6

±17

Autunno

+3

±12

+6

±10

Variazione media attesa sul dominio di interesse come fornito dall’ensemble EURO-CORDEX e relativa stima dell’incertezza, per i due scenari di concentrazione e le diverse stagioni, per l’indicatore RX1DAY (massima precipitazione giornaliera)

Milano e il CLIMA: passato e futuro

Paola Mercogliano, Veronica Villani, Mario Raffa, Giuliana Barbato
Tutti gli autori  sono afferenti o affiliati alla Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici

Milano e gli IMPATTI connessi ai cambiamenti climatici

Gli impatti dei cambiamenti climatici sulla scala urbana per la città di Milano

Come dichiarato dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), così come dalla comunità internazionale, l’aumento delle temperature globali in ambiente urbano si tradurrà nei prossimi decenni in una modifica delle condizioni meteorologiche (ISPRA 2014). Nello specifico, per quanto riguarda l’area geografica in cui ricade la Città di Milano, l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) ha evidenziato come eventi di calore estremo (soprattutto nella stagione estiva) così come gli eventi di precipitazione intensa renderanno la Città ed i suoi cittadini sempre più vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico (Kazmierczak et al. 2020).

Dal report Ecosistema Urbano di Legambiente, si evidenzia come la metropoli lombarda negli ultimi anni abbia focalizzato le sue politiche interne sulla vivibilità urbana, favorendo così dei cambiamenti mirati all’aumento della resilienza della città e al benessere dei suoi cittadini. Già nel 2018, infatti, il sindaco di Milano, insieme ad altri amministratori locali europei, ha formalmente dichiarato tramite una firma congiunta ad una lettera alla Commissione Europea, di voler intraprendere un piano a medio-lungo termine per far fronte agli impatti del cambiamento climatico (Legambiente 2020). Nello specifico, ci si riferisce alla maggiore frequenza e intensità degli eventi estremi (come le alluvioni improvvise), così come all’aumento della temperatura estiva (come il verificarsi delle ondate di calore, attese sempre più frequenti e violente).

Secondo il report di Legambiente, Milano si pone tra le città maggiormente colpite dalle conseguenze del cambiamento climatico, sia in termini di eventi estremi di calore, sia in termini di eventi estremi di tipo alluvionale. A testimonianza di ciò, la città ha sperimentato, solo arco temporale 2010-2020, uno tra i maggiori numeri di eventi calamitosi sul territorio italiano, la maggior parte dei quali nella categoria delle esondazioni fluviali. A testimonianza dell’impegno della Città nel contrasto agli impatti dei cambiamenti climatici, sottoscritto formalmente mediante adesione, già dal 2008, al Covenant of Mayors for Climate (Patto dei Sindaci per il Clima) e a Mayors Adapt, ancora il report Legambiente sottolinea come Milano sia il caso più eclatante di aumento di abitanti residenti (+4% negli ultimi quattro anni) a fronte di una diminuzione del consumo di suolo (-3% negli ultimi quattro anni).

Gli eventi di temperatura estrema e lo stress da calore per la cittadinanza

Secondo ISPRA, in Italia, tramite un confronto fra i dati della temperatura media annua del 2018 ed i rispettivi valori medi per il periodo 2007-2016, si sono registrati rialzi in 87 città, localizzate per lo più al Nord della penisola (57.14%). I report annuali dell’Agenzia Regionale di Protezione Ambientale (ARPA) della Lombardia hanno confermato una complessiva anomalia positiva in relazione alle temperature estive, soprattutto nel corso degli ultimi anni (ARPA 2019). In questo contesto, i risultati di uno studio condotto da Brunetti et al. (2006), inerenti la valutazione delle tendenze relative ai percentili per le temperature massime e minime giornaliere negli ultimi 50 anni presso il Comune di Milano, hanno evidenziato un aumento significativo del numero di eventi al di sopra del 90° percentile di temperatura. Nello specifico, il valore assoluto relativo all’aumento degli eventi al di sopra del 90° percentile è stato pari a (+) 44 ± 9 giorni/50 anni per le temperature massime e di (+) 47 ± 9 giorni/50 anni per le temperature minime. Ciò conferma una tendenza in aumento degli eventi estremamente caldi.

I risultati delle analisi descritte all’interno del Piano di Governo del Territorio (PGT 2018),  indicano come a Milano, dagli anni ‘70 ad oggi, il 46% delle ondate di calore si sia verificato nel corso dell’ultimo decennio. A causa della sua densità abitativa e dell’ambiente costruito che caratterizza la città, Milano rappresenta un caso studio ad hoc per lo sviluppo del fenomeno delle isole di calore urbano (Urban Heat Island, UHI). Infatti, la significativa quantità di superfici impermeabili unita alla conformazione delle diverse zone urbane fa sì che durante la stagione estiva (generalmente calda e non particolarmente ventosa) si crei uno stress termico particolarmente rilevante per la popolazione (Anniballe et al. 2014; Hajat et al. 2006). Secondo un’indagine condotta dall’Ufficio di Statistica dell’Istituto Superiore della Sanità (ISS), nel solo anno 2003, nei giorni fra il 1 giugno e il 15 agosto, sono stati registrati 69.3% decessi in aggiunta rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (ISS 2003). Allo stesso modo, prendendo in analisi il periodo 1990-2004, D’Ippoliti et al. (2010) hanno dimostrato come l’influenza delle ondate di calore sulla mortalità urbana della Città abbia portato ad un incremento generale pari al + 33.6% (D’Ippoliti et al. 2010). A tal proposito, grazie all’European Health Service, come parte di C3S (Copernicus 2021), è possibile scaricare e consultare i dati climatici urbani ad alta risoluzione (100m) per la città di Milano. Questi dati di rianalisi climatiche generati utilizzando il modello di clima urbano UrbClim (De Ridder et al. 2015) permettono di sviluppare un’istantanea della distribuzione della temperatura e di altre variabili climatiche, favorendo così l’identificazione della localizzazione spaziale delle cosiddette isole di calore (UHI) (vedi figura che segue). Queste ultime sono qui intese come la comparazione delle temperature elevate (°C) nelle aree urbanizzate rispetto ai dintorni più rurali (Lauwaet et al. 2015; Oke 1973).


Distribuzione dell’intensità delle isole di calore all’interno della Città di Milano (VITO, 2016) – https://www.urban-climate.eu/services/eu_cities/

Per quanto concerne le proiezioni future inerenti l’evoluzione delle ondate di calore presso la Città di Milano, un’applicazione presente presso la Piattaforma Copernicus mostra l’evoluzione del numero di giorni di ondate di calore nei mesi più caldi  nel corso degli anni, così come le morti attribuibili al calore per gli individui over 65+ per il periodo storico (1976-2005) e per i due scenari futuri (2031-2060; 2071-2100). Inoltre, si tengono in considerazione tre tipologie di opzioni: (i) business as usual, (ii) adattamento al cambiamento climatico e (iii) la variazione demografica della popolazione residente (Copernicus Climate Data Store 2021). Nelle figure che seguono si  mostra, nella prima, il trend in evoluzione del numero di ondate di calore secondo lo scenario di riferimento, mentre nella successiva sono state riportate le morti attribuibili alle ondate di calore considerando il clima attuale e futuro. sotto diversi scenari di emissione e scenari socio-economici.


Andamento del numero di ondate di calore (giorni/anno) secondo lo scenario di riferimento.


Morti attribuibili alle ondate di calore considerando il clima attuale e futuro. Il grafico mostra la mediana, gli intervalli interquartili e gli outlier dei modelli climatici regionali sotto diversi scenari di emissione e scenari socio-economici (per colore).

Per una maggiore comprensione della variazione delle ondate di calore, nella tabella che segue sono riportati i valori inerenti al numero di giorni di ondate di calore attesi in un anno secondo lo scenario RCP 4.5 e RCP 8.5, rispetto al periodo storico di riferimento (1976-2005):

 

RCP 4.5

giorni / anno

2000

2020

2040

2060

2080

5.3

(4.5; 6.0)

9.7

(8.3; 11.0)

19.2

(16.4; 22.0)

27.8

(23.9; 31.7)

29.8

(24.6; 35.0)

RCP 8.5

giorni / anno

2000

2020

2040

2060

2080

5.6

(4.5; 6.6)

11.7

(9.7; 13.7)

22.8

(17.7; 28.0)

41.2

(32.4; 49.9)

59.8

(50.8; 68.7)

Panoramica del numero di ondate di calore (in giorni/anno) per anno e per scenario climatico di riferimento   (media, limite inferiore, limite superiore)

A supporto dei grafici qui forniti, i valori nella tabella che segue mostrano con chiarezza i risultati raggiunti dallo studio in merito all’evoluzione del numero di morti per individui con età 65+, secondo le tre tipologie di scenario socio economico, in base alle proiezioni climatiche di riferimento (Copernicus Climate Data Store 2021).

Historical

RCP 4.5

RCP 8.5

1976-2005

2020-2050

2050-2080

2020-2050

2050-2080

Business

as usual

17.1

(7.0 – 29.7)

81.7

(34.2; 138.2)

98.8

(34.5; 177.5)

177.1

(93.8; 278.6)

276.8

(88.5; 506.7)

Popolazione

(variazione

demografica)

156.8

(62.9; 282.9)

189.5

(59.2; 346.9)

347.0

(159.1; 591.8)

537.2

(151.4; 1,075.7)

Adattamento

59.9

(23.9; 100.4)

74

(29.9; 128.3)

128.8

(68.8; 202.4)

203.2

(55.5; 382.7)

Adattamento +

popolazione

113.6

(47.1; 205.2)

140

(52.2; 262.2)

254.5

(116.3; 434.2)

392.1

(100.9; 788)

Panoramica del numero di morti attribuibili al calore nei mesi di giugno, luglio e agosto (mediana, valore minimo, valore massimo)

I risultati mostrano con chiarezza come in base allo scenario climatico considerato il numero di morti attribuibili sia più (RCP 8.5) o meno (RCP 4.5) rilevante. Inoltre, se si guardano i valori mediani afferenti ai diversi scenari socio-economici, è evidente come nonostante l’adattamento contribuisca a diminuire il numero di morti attribuibili per la città di Milano – sia in condizioni di popolazione costante sia in condizioni di popolazione mediamente più anziana – rispetto allo scenario business as usual – l’aspetto più gravoso sull’incidenza della mortalità è attribuibile alla variazione demografica della popolazione.

Gli impatti degli eventi di precipitazione estrema

La gestione del reticolo idrografico e dei rischi ad esso connessi è demandata al Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico e al Piano di Gestione del Rischio Alluvioni, entrambi di livello sovracomunale. All’interno di tali strumenti normativi, e in ottemperanza alla Direttiva Alluvioni 2007/60/CE, la Città di Milano è identificata come una delle Aree a Rischio Significativo (ARS) Distrettuali. Dal punto di vista idrografico, l’ARS Distrettuale “Città di Milano” risulta interessata da un sottoinsieme del reticolo idrografico principale

“Lambro – Olona”, compreso tra il Ticino e l’Adda; tale sottoinsieme presenta tre corsi d’acqua naturali principali (il Lambro, il cui bacino si estende per circa 500 km2, il Seveso e l’Olona, con bacini ampi poco più di 200 km2) e un elevato numero di canali secondari naturali e artificiali.  Tale sistema è il risultato di una plurisecolare attività umana funzionale ad approvvigionare d’acqua la città che, dall’epoca romana fino al periodo della prima industrializzazione, è diventata sempre più idro-esigente a causa del progressivo sviluppo insediativo. Lo sviluppo degli insediamenti civili ed industriali ha prodotto nuove reti di fognatura e, insieme alle mutate condizioni di uso del suolo, un aumento del volume delle acque riversate nei fiumi e nei torrenti ed una riduzione dei tempi di corrivazione, dando luogo così a sensibili incrementi dei volumi e dei colmi di piena. Questa situazione, ulteriormente aggravata dallo sviluppo nel tempo di opere interferenti inadeguate al deflusso, ha determinato vaste e frequenti esondazioni dei principali corsi d’acqua e conseguenti allagamenti di aree fortemente urbanizzate, che hanno spesso comportato gravi danni e forti disagi alla popolazione residente, accompagnati da lunghe interruzioni del traffico e dei servizi di trasporto pubblico (PRGA – Allegato IV A, Scheda Monografica).

La presenza di un reticolo idrografico urbano rende la Città di Milano da sempre particolarmente esposta ai fenomeni di urban flooding, soprattutto in occasione di eventi estremi di precipitazione particolarmente intensi. Già a partire dalla seconda metà del secolo scorso, fino agli anni più recenti, sono stati implementati interventi strutturali di sistemazione del reticolo con l’obiettivo di ridurre i volumi di acqua defluenti in ambito urbano; tali opere hanno tuttavia avuto una efficacia solo parziale, mentre hanno comportato una significativa alterazione del bacino idrografico naturale rendendo particolarmente complessa l’analisi degli impatti degli eventi meteorici (Ravazzani et al. 2016). Negli ultimi 140 anni, quasi 150 eventi di piena hanno interessato, in particolare, l’area Nord della Città (Becciu et al. 2018, Vitale et al. 2020); di questi, uno dei più recenti e catastrofici, occorso nel settembre del 2010, ha causato ingenti disservizi e danni alle infrastrutture per un totale di circa 20 milioni di Euro (Becciu et al. 2018).

Recenti evidenze scientifiche suggeriscono che i fenomeni di allagamento potrebbero ulteriormente aumentare in magnitudo e in frequenza come conseguenza dei cambiamenti climatici. La maggior parte di tali evidenze riguarda gli eventi di pioggia estrema, generalmente ritenuti efficaci proxy dei corrispettivi impatti al suolo, ovvero i fenomeni di piena e allagamento. Per caratterizzare tali impatti, particolarmente utili risultano le analisi di precipitazioni alla scala sub-giornaliera o addirittura sub-oraria. Il Progetto ClimaMI (https://www.progettoclimami.it/), che annovera, tra gli altri obiettivi, la disseminazione di dati climatici ai fini della progettazione tecnica e della pianificazione, riscontra un trend di diminuzione del numero di giorni piovosi (-1 giorno ogni 4 anni) e un parallelo aumento dell’intensità di pioggia (+1 mm/h ogni 6 anni). Tali risultati, ricavati dall’analisi dei dati di precipitazione a 10 minuti della stazione pluviometrica “Milano Centro” dal 1998 al 2018, sono comunque affetti da notevole variabilità sia spaziale sia stagionale, a conferma della maggiore aleatorietà nelle caratteristiche delle precipitazioni rispetto alle temperature. Proprio la necessità di meglio caratterizzare le precipitazioni estreme alle scale temporali e spaziali più risolute è uno degli obiettivi perseguiti dal Sectoral Information System on Disaster Risk Reduction (https://climate.copernicus.eu/c3s430-sectoral-information-system-support-disaster-risk- reduction) di Copernicus Climate Change Service (C3S). Nell’ambito di tale progetto (ancora in corso al 2020), il cui obiettivo è quello di fornire al pubblico informazioni dettagliate sugli eventi estremi di precipitazione sulla base di un numero di dataset osservativi a livello europeo, per la Città di Milano è stata inoltre effettuata una modellazione climatica alla elevatissima risoluzione spaziale di 2 km e temporale di 1 hr. Le successive analisi in termini di piogge estreme hanno avuto un buon riscontro con i dati osservativi e, al contempo, hanno suggerito l’inadeguatezza di dataset di precipitazione meno risoluti per le problematiche connesse agli eventi alluvionali. Infine, nell’ambito del progetto è stata effettuata una simulazione di allagamento sul territorio cittadino (vedi figura qui di seguito) mediante il modello semplificato Safer_RAIN (Samela et al. 2020) per un evento estremo di precipitazione caratterizzato dalla durata di 1 hr e un periodo di ritorno pari a 100 anni.


Aree allagate da un evento di precipitazione con durata pari a 1 hr e tempo di ritorno pari a 100 anni (dettaglio sul centro città) secondo l’algoritmo Safer_RAIN – mappa contenuta in: Mercogliano, P, Rianna, G, Reder, A, Raffa, M, Padulano, R, Essenfelder, A, Mazzoli, P, and Bagli, S (2021): Flood indicators for European cities from 1989 to 2018. Copernicus Climate Change Service (C3S) Climate Data Store (CDS).

La tabella che segue riporta la variazione percentuale attesa, per effetto dei cambiamenti climatici, nella portata giornaliera massima annuale corrispondente a diversi tempi di ritorno e per diversi orizzonti futuri, rispetto al periodo di riferimento 2071-2100, per tre diversi scenari RCP. Tale informazione è fornita dal servizio Copernicus C3S nell’ambito del dataset grigliato Water Quantity Indicators for Europe, con risoluzione spaziale pari a 5 km, ed è il risultato dell’applicazione di un ensemble di modelli climatici Euro-CORDEX e di un ensemble di modelli idrologici (https://cds.climate.copernicus.eu/cdsapp#!/dataset/sis-water -quantity-swicca).

I valori della tabella sono ottenuti come media spaziale sul territorio comunale, mostrano una notevole variabilità. A parità di scenario di concentrazione, la condizione più gravosa in termini di incremento della portata centennale si verifica a medio termine sotto RCP 2.6 (dove l’incremento a breve termine è comparabile a quello più critico, mentre un incremento notevolmente inferiore è atteso a lungo termine per effetto delle strategie di mitigazione previste da tale scenario) e RCP 8.5 (dove gli incrementi attesi a breve e lungo termine sono tra di loro comparabili, e notevolmente inferiori rispetto alla condizione critica). Sotto lo scenario RCP 4.5, invece, la condizione più critica si registra sul lungo periodo, dove gli incrementi attesi sono comunque poco superiori a quelli sul breve e medio termine. A parità di orizzonte temporale, sul breve periodo gli incrementi attesi si portata si riducono spostandosi da RCP 2.6 a RCP 4.5 e RCP 8.5. A breve termine, la condizione critica si riscontra ancora una volta sotto RCP 2.6; tuttavia in questo caso, dopo una riduzione della criticità sotto RCP 4.5, si registra un ulteriore peggioramento sotto RCP 8.5. Sul lungo periodo, infine, la condizione più critica si riscontra sotto RCP 4.5, con degli incrementi attesi di portata di poco superiori a quelli previsti sotto gli altri due scenari, tra di loro analoghi.

Infine, i valori mostrano che le variazioni in portata estrema più critiche devono attendersi per i periodi di ritorno più alti, sebbene esse risultino significative anche per i tempi di ritorno più bassi. In altre parole, valori di portata estrema già elevati sotto le condizioni di clima odierno sono attesi aumentare sia in magnitudo sia in frequenza.

Scenario

RCP 2.6

RCP 4.5

RCP 8.5

Orizzonte

Temporale

2011-2040

2041-2070

2070-2100

2011-2040

2041-2070

2070-2100

2011-2040

2041-2070

2070-2100

T=2 anni

22.19

33.88

12.38

17.19

11.44

21.25

17.31

21.50

14.25

T=5 anni

36.31

43.69

20.88

24.88

21.94

30.81

21.25

32.88

20.63

T=10 anni

42.38

48.13

24.75

28.56

27.06

35.19

22.88

38.19

23.50

T=50 anni

52.00

54.88

30.81

34.31

34.56

41.75

25.56

46.19

28.13

T=100 anni

54.88

56.88

32.63

36.19

37.00

43.81

26.50

48.75

29.75

Variazione percentuale della portata giornaliera massima annuale per vari periodi di ritorno T e per diversi orizzonti temporali futuri rispetto al periodo di riferimento 1971-2000. I valori sono ottenuti considerando l’ensemble mean, e sono mediati tra diversi modelli idrologici disponibili.

Milano e gli IMPATTI connessi ai CAMBIAMENTI CLIMATICI

Paola Mercogliano, Roberta Padulano, Marta Ellena
Tutti gli autori  sono afferenti o affiliati alla Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici

Milano e la sua VALUTAZIONE DEL RISCHIO da cambiamenti climatici

  • Analisi della Valutazione dei Rischi Climatici – Nota Metodologica

    La sezione rischi climatici presenta l’analisi del contesto e delle modalità con cui il governo locale ha condotto la valutazione dei rischi climatici a livello comunale.

    La metodologia applicata nello studio si basa su un più ampio framework[1] (figura 1a) elaborato dal CMCC nell’ambito del Peer Review Programme 2020-2022[2], programma finanziato dalla Commissione Europea (CE) – Direzione Generale European Civil Protection and Humanitarian Aid Operations (DG ECHO). Tale framework, che costituisce un quadro di riferimento esaustivo per condurre un’analisi della gestione del rischio da disastri nel suo complesso, presenta una sezione dedicata alla valutazione dei rischi (figura 1b), intesa come il processo intersettoriale di identificazione, analisi e valutazione dei rischi che insistono sul territorio e che costituisce la base per la definizione di strategie e di piani di riduzione del rischio da disastri e di resilienza.

    [1] Mysiak J, Casartelli V and Torresan S (2021). Revised Peer Review Assessment Framework. Peer review program of the disaster risk management across the countries of the Union Civil Protection Mechanism, 2021-2022

    [2] https://ec.europa.eu/echo/what-we-do/civil-protection/peer-review_en


    Fig.1a – aree di analisi presenti nel quadro di riferimento Peer review assessment framework (Mysiak J, 2021)


    Fig.1b – Sottosezioni di analisi relative all’area di analisi Risk assessment (Mysiak J, 2021)

    Sebbene la valutazione dei rischi considerata nel framework sia riferita a un’analisi di tipo tradizionale, e dunque finalizzata all’individuazione del livello di rischio attuale in riferimento ai diversi pericoli di origine naturale e antropica che insistono sul territorio, è possibile applicare la medesima struttura per condurre l’analisi della valutazione dei rischi in prospettiva climatica.

    L’analisi indaga molteplici aspetti inerenti il processo di valutazione, che vengono visualizzati in figura 1b come diversi spicchi che concorrono alla definizione della valutazione nel suo complesso, vale a dire: quadro normativo e procedurale di riferimento, identificazione dei rischi, analisi dei rischi, valutazione dei rischi, comunicazione dei rischi e capacità di condurre la valutazione dei rischi. Di seguito vengono brevemente sintetizzati i diversi aspetti considerati nell’ambito di ciascun componente.

    L’analisi del quadro normativo e procedurale di riferimento si focalizza sugli aspetti legislativi e istituzionali, indagando le modalità in cui il processo di valutazione dei rischi climatici viene governato e contestualizzato a livello locale. Inoltre, viene approfondito il coinvolgimento delle diverse istituzioni e dei portatori di interesse, distinguendo ruoli e responsabilità nel processo di valutazione dei rischi.

    L’identificazione dei rischi analizza la metodologia con cui sono stati individuati i pericoli rilevanti legati ai cambiamenti climatici e che, di conseguenza, sono oggetto di analisi in termini di localizzazione, quantificazione e valutazione dei potenziali impatti.

    L’analisi dei rischi approfondisce e descrive i metodi che sono stati applicati nell’esame, se possibile distinguendo tra qualitativi, semi-quantitativi – basati su matrice di rischio e indicatori, quantitativi – deterministici e probabilistici. In questo contesto si identificano le tipologie di impatti considerate, tipicamente salute umana, attività economiche, ambiente, impatti di natura socio-politica, e si indaga la modalità e la scala utilizzate per l’aggregazione e la presentazione dei risultati finali.

    La valutazione dei rischi identifica la metodologia applicata per valutare l’accettabilità o meno del livello di rischio ottenuto e la conseguente necessità di definizione, adozione e attuazione di misure di mitigazione e/o di adattamento.

    La comunicazione dei rischi descrive il processo di comunicazione e disseminazione dei risultati dell’intero processo di valutazione ai cittadini, alla società civile, ai decisori politici, alle diverse istituzioni e ai molteplici portatori di interesse. Vengono analizzate le modalità con cui gli scenari di rischio sono resi disponibili, la scala e le metriche utilizzate.

    La sezione inerente le capacità riguarda l’analisi delle risorse amministrative, tecniche e finanziarie disponibili presso l’amministrazione comunale per condurre e supportare la valutazione dei rischi climatici.

    Le informazioni raccolte e analizzate sono state sistematizzate in un documento descrittivo di sintesi, accompagnato da una serie di grafici ottenuti dall’applicazione di una scheda di valutazione. Al fine di sintetizzare i risultati dell’analisi, infatti, si è definito e applicato uno specifico metodo di caratterizzazione degli stessi, mutuando l’approccio utilizzato nella Disaster resilience scorecard for cities[1] nell’ambito della campagna Making Cities Resilient, a cura di UNDRR (United Nations Office for Disaster Risk Reduction).

    Nell’ambito di ciascuna delle sei sotto-sezioni precedentemente descritte sono stati definiti una serie di indici rappresentativi di aspetti chiave analizzati: inquadramento normativo; interistituzionalità e partecipazione di stakeholders; individuazione dei principali pericoli climatici; metodologia di analisi dei rischi climatici, valutazione dei rischi e prioritizzazione degli interventi, informazione e comunicazione al pubblico e disseminazione dei risultati. Per ogni indice è stato definito un criterio di valutazione/caratterizzazione assegnato sulla base delle informazioni presenti nella documentazione analizzata inerente la valutazione dei rischi a livello locale e, qualora possibile, di informazioni raccolte contattando direttamente personale del Comune coinvolto nel processo. I risultati ottenuti sono rappresentati in grafici a radar, che sintetizzano il posizionamento di ogni città relativamente a ciascun indice.

    Risultano, quindi, di immediata individuazione le buone pratiche già in essere e le aree di miglioramento in relazione agli aspetti chiave della valutazione dei rischi climatici a livello locale per ogni città analizzata. Inoltre, viene assicurata la comparabilità del posizionamento delle diverse città sulla base di una metrica comune.

    [1] https://www.unisdr.org/campaign/resilientcities/toolkit/article/disaster-resilience-scorecard-for-cities

Quadro normativo e procedurale di riferimento

Il Comune di Milano si impegna sul tema della resilienza urbana dal 2009, partecipando all’iniziativa europea Patto dei Sindaci (Covenant of Mayors) ed entrando nella rete internazionale C40 Cities Climate Leadership Group, costituita per promuovere il processo di decarbonizzazione a livello urbano nelle maggiori città del mondo. Nel 2015 avvia un percorso virtuoso di valutazione dei rischi urbani, aderendo al network internazionale 100 Resilient Cities (100 RC) promosso dalla Fondazione Rockefeller e nel 2018 aderisce al nuovo Patto dei Sindaci per il Clima e l’Energia, che amplia gli obiettivi di decarbonizzazione e include il tema dell’adattamento.

Presso l’amministrazione comunale nel 2017 viene istituita la Direzione Città Resilienti quale Direzione di progetto, poi inserita nel 2019, a seguito della Dichiarazione di emergenza climatica e ambientale, nella nuova Direzione Transizione Ambientale, responsabile del coordinamento del Piano Aria e Clima (C. di Milano, “Piano Aria e Clima,” 2021) e della Valutazione dei Rischi Climatici, inserita all’Allegato 5 (C. Milano, “Linee guida per l’adattamento ai cambiamenti climatici della città di Milano – Allegato 5 Piano Aria e Clima,” 2020). del Piano stesso. Tale scelta evidenzia l’impegno della città di orientare le proprie politiche in una visione resiliente di lungo termine, promuovendo anche un approccio partecipativo attraverso il coinvolgimento dei principali attori e portatori di interesse.

Il Piano Aria e Clima tiene in considerazione le strategie definite ed emanate a diversi livelli istituzionali quali, ad esempio: a livello nazionale la Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (2015); a livello regionale la Strategia regionale di adattamento ai cambiamenti climatici (2014), le Linee Guida per Piano di Adattamento ai cambiamenti climatici (Fondazione Lombardia per l’Ambiente, 2012), il Documento di Azione Regionale sull’Adattamento al Cambiamento Climatico (Lombardia, 2016) e, a livello locale, il Compact of Mayor (2015), Covenant of Mayors (2015) integrati nel 2016 nel Global Covenant for Climate and Energy, il Progetto DECUMANUS[1](C. Milano, “Linee guida per l’adattamento ai cambiamenti climatici della città di Milano – Allegato 5 Piano Aria e Clima,” 2020.). Inoltre, il Comune di Milano ha intrapreso un processo di partecipazione pubblica, tramite il quale si sono raccolti i contributi e le osservazioni dei cittadini sui contenuti del Piano Aria e Clima ed i suoi allegati, incluso le proiezioni climatiche e la valutazione dei rischi. L’allegato 5 del Piano Aria e Clima definisce le responsabilità per l’aggiornamento ogni 5 anni del Profilo Climatico Locale (C. di Milano, E.-R. Arpae, and L. ARPA, “Profilo Climatico Locale per la città di Milano – Allegato 2 Piano Aria e Clima,” 2018), su cui si basano i dati climatici per la valutazione dei rischi.

[1] Development and Consolidation of Geospatial Sustainability Services for Adaptation to Environmental and Climate Change Urban Impacts: https://cordis.europa.eu/project/id/607183/it

Identificazione dei rischi

La città di Milano ha analizzato i principali shock e stress ambientali, economici e sociali che insistono sulla città: stress cronici, intesi come disastri in lento movimento che indeboliscono il tessuto di una città, e shock acuti quali eventi improvvisi che minacciano un contesto urbano (C. Milano, “Linee guida per l’adattamento ai cambiamenti climatici della città di Milano – Allegato 5 Piano Aria e Clima,” 2020.). Nel corso dell’anno 2018 è stato condotto l’aggiornamento degli shock e degli stress, coinvolgendo diverse Direzioni del Comune di Milano e portatori di interessi (stakeholders) locali.

Tale aggiornamento ha evidenziato tra i principali shock il rischio alluvioni fluviali e allagamenti urbani e tra gli stress le ondate di calore e caldo estremo, entrambi direttamente correlati agli impatti del cambiamento climatico e per i quali è stata effettuata un’analisi del pericolo climatico quale base per l’analisi di rischio (C. Milano, “Linee guida per l’adattamento ai cambiamenti climatici della città di Milano – Allegato 5 Piano Aria e Clima,” 2020.).

L’analisi del pericolo climatico si basa su dati del Profilo Climatico Locale (PCL) (C. di Milano, E.-R. Arpae, and L. ARPA, “Profilo Climatico Locale per la città di Milano – Allegato 2 Piano Aria e Clima,” 2018), commissionato nel 2018 dal Comune all’ARPA Emilia-Romagna e all’ARPA Lombardia. Il documento si compone di due fasi: analisi climatica del periodo 1961-2016/17 volta a studiare la variabilità climatica tramite l’elaborazione di dati storici (fase A) e proiezione dei dati climatici al 2050, inerente le proiezioni dei cambiamenti climatici nel periodo 2020-2050 rispetto al periodo 1970-2000, basate sullo scenario emissivo RCP4.5 (fase B) (Fondazione Lombardia per l’Ambiente, 2012).

L’analisi della variabilità climatica individua diverse tendenze significative, tra cui l’aumento di 0,2-0,5°C/decade delle temperature minime medie e massime stagionali, che comporta un aumento di circa 2°C nella temperatura media annuale. Questo aspetto si verifica da una parte attraverso temperature invernali meno rigide e una diminuzione del numero annuale di giorni con gelo e, dall’altra parte, attraverso valori massimi estivi maggiori. L’aumento di temperature risulta anche dall’analisi di numero e durata media delle

ondate di calore annuali e delle notti tropicali, le quali sono quasi raddoppiate in numero nell’ultimo trentennio (1991-2017) rispetto al primo periodo di riferimento (1961-1990) (Fondazione Lombardia per l’Ambiente, 2012).

Per quanto riguarda le precipitazioni, si notano delle variazioni statisticamente non rilevanti che suggeriscono una diminuzione del valore cumulato annuale e un aumento del numero di eventi estremi[1] e un trend che indica un aumento di giorni consecutivi senza precipitazioni durante la stagione estiva. Questo dato, se confrontato con l’analisi delle temperature, mostra come l’aumento della siccità abbia probabilmente contribuito all’aumento delle temperature, fatto dovuto alla riduzione del livello di umidità del terreno e, quindi, alla mancata sottrazione di energia termica dall’ambiente tramite evapotraspirazione. Lo scenario risultante dalla proiezione dei dati climatici presenta un innalzamento delle temperature minime e massime stagionali compreso tra 1 e 2,3°C e un aumento di numero e durata delle ondate di calore e delle notti tropicali. Inoltre, viene previsto un aumento dei fenomeni siccitosi, e quindi una diminuzione del valore cumulato estivo e un aumento dei giorni consecutivi senza precipitazioni, con un conseguente peggioramento del livello di comfort termo-igrometrico (Fondazione Lombardia per l’Ambiente, 2012).

Il PCL mostra, quindi, come il clima stia diventando più caldo e secco rispetto al secolo scorso. Il Comune ha previsto un aggiornamento costante del PCL, la cui prima revisione sarà nel 2023, che permetterà di monitorare l’attuazione del Piano Aria Clima e che integrerà i dati climatici 2018-2022 (C. di Milano, “Piano Aria e Clima,” 2021).

[1] Eventi con intensità che ricade nel 90° percentile, come da definizione del glossario dell’IPCC.

Analisi dei rischi

L’elaborazione del PCL ha fornito i dati necessari per capire l’entità del pericolo climatico che, combinato con i dati di vulnerabilità e di esposizione, ha consentito la valutazione del rischio climatico in relazione alle ondate di calore e agli eventi meteorici estremi (C. Milano, “Linee guida per l’adattamento ai cambiamenti climatici della città di Milano – Allegato 5 Piano Aria e Clima,” 2020).

Ondate di calore: la città ha condotto una valutazione analitica del rischio a scala di sezione censuaria, che ha evidenziato un livello alto nei quartieri semi centrali, vale a dire nelle aree a minore permeabilità e presenza di vegetazione e a maggiore densità abitativa ed esposizione socio-economica. Nell’analisi si è considerata come pericolosità l’aumento di frequenza di ondate di calore, quale variabile qualitativa probabilistica, che è stata poi combinata con l’analisi di vulnerabilità e l’esposizione socio-economica (C. Milano, “Linee guida per l’adattamento ai cambiamenti climatici della città di Milano – Allegato 5 Piano Aria e Clima,” 2020).  Lo studio della vulnerabilità ha riguardato sia la vulnerabilità fisica, effettuando studi sulle temperature dell’aria e superficiale, sia quella socio-economica, focalizzata sulle principali implicazioni sociali, economiche e ambientali per individuare le aree con maggior esposizione per fasce di popolazione sensibili, utilizzando censimento generale ISTAT 2011 e considerando i risultati del progetto CARIPLO CCT 2017 (F. Cariplo, 2017). La carta del rischio, che sintetizza i risultati ottenuti, identifica dei cluster prioritari in cui è opportuno attuare interventi per il raffrescamento urbano (C. Milano, “Linee guida per l’adattamento ai cambiamenti climatici della città di Milano – Allegato 5 Piano Aria e Clima,” 2020).

Più in dettaglio, per ciò che concerne la pericolosità, l’analisi delle tendenze sulle temperature in città è stata eseguita nel PCL attraverso l’elaborazione e l’aggregazione dei dati storici in diversi indicatori, tra cui i valori minimi e massimi delle temperature rilevate, sia stagionali che annuali. Negli anni questi valori sono aumentati, comportando una traslazione positiva della curva normale delle temperature annuali (minime, medie e massime) e determinando da una parte una diminuzione del numero di eventi di freddo estremo, e, dall’altra, un aumento degli eventi di caldo estremo (Fondazione Lombardia per l’Ambiente, 2012). L’analisi del PCL (Fondazione Lombardia per l’Ambiente, 2012) evidenzia anche un effetto amplificante della morfologia urbana nei confronti delle alte temperature, in particolare è stato evidenziato come, nonostante il numero di notti tropicali sia aumentato proporzionalmente in tutte le stazioni in esame, in numero assoluto restano nettamente superiori in ambito urbano.

Nell’ambito della valutazione della vulnerabilità è stata condotta l’analisi del calore del territorio e, in particolare, sono stati analizzati i due fattori principali che concorrono alla sua stima, vale a dire temperatura dell’aria e la temperatura superficiale. Inoltre, ai fini della stima della vulnerabilità socio-economica sono state analizzate le principali implicazioni sociali, (alta densità nelle abitazioni, popolazione vulnerabile, presenza di fasce di popolazione disoccupata, ecc.) economiche ed ambientali per capire in quali aree della città è maggiore l’esposizione per le fasce di popolazione sensibili, utilizzando i dati del 15° Censimento generale ISTAT del 2011 e le informazioni territoriali presenti nei geoportali del Comune e della Città Metropolitana di Milano (Fondazione Lombardia per l’Ambiente, 2012).

La valutazione del livello di rischio condotta a scala di sezione censuaria, ottenuta combinando la pericolosità- intesa come variabile qualitativa probabilistica inerente l’aumento di frequenza di ondate di calore, la vulnerabilità  fisica e l’esposizione socio-economica-, ha evidenziato un livello alto nelle aree dove la permeabilità e la presenza di vegetazione sono minori e, al contempo la densità abitativa e l’esposizione socio-economica sono maggiori, che, nella città di Milano, corrispondono ai quartieri semi centrali, compresi tra la seconda circonvallazione (la cerchia dei Navigli) e poco oltre la circonvallazione esterna (C. Milano, “Linee guida per l’adattamento ai cambiamenti climatici della città di Milano – Allegato 5 Piano Aria e Clima,” 2020).

Alluvioni fluviali e allagamenti urbani: il rischio di alluvioni è valutato separatamente in funzione dell’origine dell’inondazione, se cioè l’allagamento è di origine fluviale ossia dovuto all’esondazione delle acque del reticolo idrografico, oppure di origine pluviale e dunque provocato direttamente dalle acque di pioggia, per ruscellamento superficiale e/o ristagno tipicamente in ambito urbano a seguito di eventi meteorici sufficientemente intensi da metterne in crisi il sistema di drenaggio. La città di Milano è ricompresa nelle Aree a Potenziale Rischio Significativo (APSFR) di livello distrettuale, così come definite dall’Autorità di bacino distrettuale (ABD) del Fiume Po ai sensi dell’art. 5 della Direttiva Alluvioni 2007/60/CE e del suo decreto di recepimento nella legislazione italiana, il D.Lgs.49/2010. Alla fine del 2020 la ABD del fiume Po ha concluso le attività inerenti l’aggiornamento delle mappe di pericolosità e di rischio di alluvione di cui all’art. 6 della Dir. Alluvioni e il reporting alla CE, che ai fini del successivo aggiornamento del Piano di Gestione del Rischio di Alluvioni (II ciclo di gestione) è stato limitato alle sole APSFR. Le informazioni connesse a tale aggiornamento includono oltre all’estensione delle aree allagabili per diversi scenari di probabilità d’evento, i tiranti, le velocità, dati quantitativi e qualitativi riguardanti gli elementi esposti ricadenti nelle aree allagabili.

L’analisi del rischio alluvionale è presente all’interno del Piano di Governo del Territorio (C. di Milano, “Milano2030 Piano di Governo del Territorio,” 2019), nell’ambito del Documento Semplificato del Rischio Idraulico comunale (DSRI), che Milano ha redatto poiché ricade nelle aree definite ad alta criticità idraulica[1] (C. di Milano, “Milano2030 Piano di Governo del Territorio,” 2019). Tale analisi non considera il PCL, le proiezioni climatiche e la variazione dei regimi di precipitazione previsti, ma si basa su analisi idrologico-idrauliche riferite ai dati del passato. Le condizioni di pericolosità idraulica, intese come aree soggette ad allagamento a causa di eventi idrologici intensi, sono state analizzate con riferimento ai corsi d’acqua principali (fiume Lambro, torrenti Seveso, Garbogera, Pudiga e Guisa), al reticolo idrografico minore e alle caratteristiche funzionali della rete di fognatura mista o bianca esistente.

Nel caso del reticolo idrografico principale, attraverso l’utilizzo di modelli idraulici bidimensionali, sono state delimitate aree a diversa pericolosità, differenziando tre classi:

  • pericolosità P3 – alluvioni frequenti, tempo di ritorno T=10 anni;
  • pericolosità P2 – alluvioni poco frequenti, T=100 anni (Seveso, Garbogera, Pudiga e Guisa) o T=200 anni (Lambro);
  • pericolosità P1 – probabilità di alluvioni rara o scenari di eventi estremi, tempo di ritorno T=500 anni.

Le aree delimitate secondo i tre livelli di pericolosità sono ulteriormente differenziate al loro interno in funzione del massimo livello idrico che viene raggiunto, secondo la ripartizione in tre classi scelte in funzione del danno potenziale correlato: gravosità alta (h>0,7 m), media (0,3<h<0,7 m) e bassa (h<0,3 m).

Sul reticolo idrografico minore demaniale sono state indicate le fasce di rispetto.  Gli elementi di pericolosità idraulica sono stati individuati in corrispondenza di tratti critici rappresentati dagli imbocchi dei tratti tombinati e per quelle parti di alveo soggette a ricorrenti fenomeni di esondazione.

Per ciò che concerne la rete di fognatura bianca e mista, sulla base delle caratteristiche geometriche della rete e delle informazioni relative alla funzionalità idraulica della stessa fornite dal Gestore del Servizio Idrico Integrato, sono state individuate e classificate condizioni di criticità correlate a possibili fenomeni di pericolosità idraulica in corrispondenza di specifici manufatti, vale a dire scaricatori di piena e sifoni.

L’analisi di rischio allagamenti urbani dovuti a piogge intense considera l’evoluzione dei giorni con pioggia estrema presente nel PLC[2]. Tale indicatore, che descrive il numero di giornate con un valore cumulato di mm di pioggia che eccede il 90º percentile, evidenzia come eventi estremi siano sempre più presenti in tutte le stagioni ed eterogeneamente distribuiti nelle diverse aree. Come noto, precipitazioni molto intense concentrate in un brevissimo intervallo di tempo costituiscono un grosso rischio per la città.

La sensibilità territoriale in riferimento a tali eventi dipende essenzialmente dalle caratteristiche morfologiche, dalle caratteristiche del terreno, come granulometria e permeabilità, e dalle caratteristiche della rete di drenaggio. L’analisi del comportamento delle acque rispetto alle caratteristiche orografiche e litologiche per il Comune di Milano si avvale di due studi pilota.

  • Il primo studio, sviluppato nell’ambito del Progetto EIT Climate-KIC Safer Places, effettua una analisi locale sulle prestazioni idrauliche di alcune aree comunali in cui il rischio di allagamento risulta più alto ed al contempo opportunamente misurato al corrispettivo danno economico causato da eventi di diversa intensità, i cui risultati finali saranno disponibili per il primo aggiornamento periodico del Piano Aria Clima.
  • Il secondo studio riprende una metodologia (Maragno, 2020) dell’Università Iuav di Venezia (Planning Climate Change Lab) per la stima della correlazione esistente tra run-off, impermeabilizzazioni e geomorfologie (usi, suoli, altimetrie, deflussi). Questa tipologia di approccio consente di generare nuovi scenari conoscitivi di modellizzazione, valutazione e mappatura del rischio, evidenziando le variazioni d’uso più influenti sulle performance idrauliche dei suoli. Si tratta di una modellazione idrologica che consente di stimare il flusso idrico superficiale sulla base di una procedura di parametrizzazione e calibrazione dei tassi di infiltrazione dei suoli (Curve Number – CN, SCS 1972) a scala di bacino idrogeologico.

[1] Legge Regionale 11 marzo 2005, n. 12 – “Legge per il governo del territorio”

[2] numero di giornate con un valore cumulato di mm di pioggia che eccede il 90º percentile.

Valutazione dei rischi

Il risultato dell’analisi dei rischi climatici, pur non esistendo un valore soglia di rischio accettabile ben definito, è stato valutato al fine di definire zone/cluster di intervento prioritari in termini di definizione e attuazione di misure di mitigazione e adattamento. I risultati dell’analisi dei rischi sono dunque in grado di orientare le politiche, consigliano opere strutturali e non strutturali di mitigazione e condizionano in modo significativo le procedure di sviluppo urbanistico. In particolare: la mappa del rischio climatico per le ondate di calore individua dei cluster in cui è prioritario attuare interventi di raffrescamento urbano; la valutazione del rischio idraulico identifica le aree a maggior rischio, come quelle del e del Lambro, prioritarie per interventi di miglioramento della capacità di adattamento e gli studi su allagamenti urbani forniscono una base per testare nel continuo il monitoraggio dello stato di efficienza del sistema idraulico della città.

Comunicazione dei rischi

La città di Milano si è dotata di una strategia di comunicazione e informazione al pubblico inerente la valutazione dei rischi climatici. I documenti sono per la maggior parte pubblici e di facile accesso tramite il sito web del Comune e i dati in formato raster e vettoriale relativi ai dati di base utilizzati nelle analisi e alcune variabili stimate nel processo di valutazione dei rischi sono pubblicati sul Geoportale del Comune. Il Piano Aria e Clima presenta azioni finalizzate alla comunicazione dei rischi e delle emergenze inerenti eventi climatici estremi e attività di formazione. Per raggiungere l’obiettivo 5 del Piano, Milano Consapevole, si prevedono campagne di sensibilizzazione annuali, creazione di un organismo di rappresentanza dei cittadini, attività di formazione sui temi del Piano, la messa a punto di un piano di gestione dei dati con il portale Open Data. Inoltre, sono state avviate molteplici iniziative a supporto dell’informazione al pubblico, tra cui incontri territoriali, laboratori tematici e tavole rotonde.

Capacità di valutazione dei rischi

La città dimostra elevate capacità tecniche, amministrative e finanziarie dedicate alle attività inerenti la valutazione dei rischi climatici. In particolare, si evidenzia come buona pratica il processo di partecipazione dei cittadini e la collaborazione con enti regionali come ARPA Lombardia ed Emilia-Romagna durante l’elaborazione della valutazione dei rischi.  Infine, l’istituzione e la strutturazione di una Direzione Città Resilienti sottolinea l’impegno dell’amministrazione nel dedicare risorse necessarie a porre una solida base a supporto delle strategie e dei piani di adattamento e resilienza.

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Posizionamento della città di Milano in riferimento agli indici rappresentativi delle sezioni analizzate nel presente studio

Milano e la sua VALUTAZIONE DEL RISCHIO da cambiamenti climatici

Veronica Casartelli(*), Letizia Monteleone(*), Jaroslav Mysiak(*), Elisa Lamesso

Tutti gli autori  sono afferenti o affiliati alla Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici eventuali ulteriori afferenze sono indicate insieme ai nomi degli autori
(*) Università Ca’ Foscari Venezia

Milano e i suoi STRUMENTI DI ADATTAMENTO ai cambiamenti climatici

Cosa c'è in questa sezione

Qui di seguito si presenta un documento che contiene la descrizione del metodo e dei risultati relativi alla valutazione di alcuni strumenti (strategie, piani, programmi, progetti) delle sei città campione (Bologna, Milano, Napoli, Roma, Torino e Venezia), i quali possono avere un ruolo – esplicito o implicito – nel fronteggiare i rischi climatici. La ricerca è stata svolta tra febbraio e giugno 2021, col supporto di dirigenti e/o responsabili di diversi settori dei comuni considerati.

Il metodo si basa sull’applicazione di quattro criteri per l’analisi di strategie, piani, programmi, progetti, al fine di verificarne i contenuti rispetto al tema dell’adattamento ai cambiamenti climatici. I criteri derivano principalmente da analisi e sintesi della letteratura scientifica e poggiano in parte sui contenuti della Strategia europea (European Commission, 2013) e nazionale (MEPLS, 2015) di adattamento ai cambiamenti climatici (Tabella 1). I quattro criteri consentono potenzialmente di applicare il metodo a diverse scale e in diversi contesti territoriali (Ledda et al., 2021).

Per ciascuna città sono state prodotte delle schede infografiche di sintesi dei principali strumenti di cui la città dispone per fronteggiare i rischi climatici. Per ogni strumento sono indicati il riferimento temporale, i principali rischi climatici a cui lo strumento risponde e gli obiettivi di adattamento. Infine sono riassunte le principali azioni di adattamento su cui la città sta investendo/intende investire maggiormente, seguendo la seguente classificazione in categorie di azioni proposta dall’IPCC.

Milano e i suoi STRUMENTI DI ADATTAMENTO ai cambiamenti climatici

Antonio Ledda(*), Vittorio Serra(*), Maria Grazia Gavina Ruiu(*), Valentina Bacciu(**), Serena Marras(*), Valentina Mereu

Tutti gli autori  sono afferenti o affiliati alla Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici eventuali ulteriori afferenze sono indicate insieme ai nomi degli autori
(*) Università di Sassari, (**) CNR-Istituto per la BioEconomia

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MILANO IN SINTESI

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