Le traiettorie delle plastiche in mare, per capire da dove vengono e dove si fermano. Realizzato nell’ambito del progetto AMAre e coordinato dalla ricercatrice del CMCC Svitlana Liubartseva, uno studio esplora il percorso e il destino delle plastiche riversate nel mar Mediterraneo, nella prospettiva di trovare soluzioni al problema.
Si ritrova nei nostri mari, trasportata da venti e correnti, si accumula sul fondale, viene ingerita dagli organismi marini ed entra nella catena alimentare. Soprattutto, si deposita sulle nostre coste.
L’inquinamento da plastiche in mare rappresenta una delle più urgenti emergenze ambientali, per i pericoli che rappresenta per l’uomo e l’ambiente marino, e le ingenti ripercussioni economiche per le comunità costiere.
Si stima che le plastiche riversate ogni anno nel Mar Mediterraneo siano circa 100.000 tonnellate: il 50% delle quali, per un totale di 50.000 tonnellate all’anno, proveniente dalle comunità costiere, il 30% (30.000 tonnellate in un anno) proveniente dai fiumi e il 20% (20.000 tonnellate in un anno) riversato in mare lungo le principali rotte di navigazione. La concentrazione e la distribuzione delle plastiche nell’ambiente marino dipende dall’eventuale presenza ed entità di queste fonti d’inquinamento, ma anche da venti, onde e correnti, che influenzano il trasporto e il destino delle plastiche in mare, fino a quando non finiscono a riva o vanno a depositarsi nei sedimenti del fondo marino.
Uno studio, sviluppato nell’ambito del progetto AMAre e pubblicato di recente sulla rivista Marine Pollution Bulletin (tra gli autori, i ricercatori CMCC Svitlana Liubartseva, coordinatrice delle studio, Giovanni Coppini e Rita Lecci della Divisione scientifica OPA – Ocean Predictions and Applications), disegna le traiettorie delle plastiche in mare, per capire da dove vengono e dove si fermano. Per raggiungere questo obiettivo, un insieme di oltre 10 miliardi di particelle virtuali è stato utilizzato per tracciare il percorso delle plastiche in mare, dalle principali sorgenti di rilascio (città costiere, fiumi e trasporto marittimo), agli ambienti dove si accumulano (le acque e il fondo del mare, le coste), per il periodo 2013-2017; per disegnare la traiettoria delle plastiche in mare, i ricercatori si sono avvalsi dei modelli previsionali del Servizio Marino Europeo di Copernicus (CMEMS).
Dai risultati dello studio emerge come la maggior parte della plastica finisca sulle coste o precipiti sul fondo; contrariamente a quello che avviene altrove, nel Mediterraneo non è possibile nessun accumulo nel lungo termine di plastiche galleggianti sulla superficie del mare, dal momento che la plastica proveniente dalla terraferma (popolazioni costiere e fiumi) resta in mare mediamente per circa 7 giorni in superficie, trasportata da venti e correnti), mentre la plastica riversata in mare dal traffico navale vi resta per circa 80 giorni, per poi andare a depositarsi nei sedimenti marini o andare a spiaggiarsi.
In Italia sono il fiume Po e le correnti i principali responsabili dell’elevata concentrazione di plastiche riscontrate nella zona del delta del Po e lungo le coste dell’Emilia-Romagna (18 kg per Km2 di frammenti di plastica al giorno), e delle Marche (quasi 13 kg per Km2 di frammenti di plastica al giorno). Anche le zone costiere della laguna di Venezia, Campania e Liguria presentano livelli elevati di inquinamento da plastiche, essenzialmente perché le coste e i distretti fluviali di queste regioni appaiono fortemente urbanizzati e densamente popolati.
All’estremo opposto la Sardegna, che mostra concentrazioni bassissime di plastiche in mare.
Prendendo in esame l’intero bacino del Mediterraneo, lo studio ha evidenziato le coste con i maggiori flussi di plastica: le aree più contaminate sono rappresentate dalle coste di Turchia (Cilicia) e Israele, dalle aree costiere in prossimità di Barcellona (Mar Catalano) e dalle già citate aree del delta del Po e della laguna di Venezia in Italia. A livello locale, sono stati inoltre identificati dei siti altamente inquinati da plastiche, in prossimità di fonti di rilascio o caratterizzati da una scarsa circolazione, come il golfo di Smirne (Turchia), il golfo di Saronicco (Grecia), la bocca dei fiumi Buna-Bojana (Montenegro), il golfo di Napoli in Italia, il golfo di Marsiglia in Francia e di Valencia in Spagna, solo per fare alcuni esempi.
Al contrario, l’Egeo meridionale (le coste sud di Creta) e le zone costiere dei Balcani appaiono le aree più incontaminate, con livelli di concentrazioni di plastiche relativamente bassi. Questo fenomeno potrebbe spiegarsi con la conformazione della costa, particolarmente frastagliata e composta da miriadi di baie, insenature e piccole isole, che agirebbe come un filtro naturale per i frammenti di plastica alla deriva. Tuttavia, una costa così lunga e complessa richiede notevoli sforzi da parte delle popolazioni costiere di Grecia, Albania, Montenegro, Croazia e Slovenia per la sua pulizia, per prevenire la successiva formazione di microplastiche.
I ricercatori hanno inoltre rilevato come, per una sorta di “effetto boomerang”, l’inquinamento da plastiche rilevato sulle coste dei Paesi mediterranei sia essenzialmente da imputare a loro stessi: i risultati dello studio mostrano infatti come per la maggioranza dei Paesi dell’area mediterranea oltre il 50% della plastica provenga dalle proprie fonti di rilascio terrestri.
In Italia si arriva a percentuali di plastiche rilasciate da proprie fonti terrestri (comunità costiere e fiumi italiani) dell’80%. Percentuali così alte sono inoltre tipiche di Turchia, Marocco, Israele, Spagna, Francia, Siria, Egitto, Albania e Tunisia. Solo Malta riceve più plastica dal mare (fino al 78%) che dalle proprie fonti d’inquinamento terrestri.
I risultati dello studio saranno essenziali per migliorare il monitoraggio dell’inquinamento da plastiche in mare e la pianificazione degli interventi di pulizia nel mar Mediterraneo.
I modelli e le soluzioni forniti dallo studio rappresentano inoltre un buon punto di partenza per sviluppare modelli regionali e costieri per tracciare il percorso della plastica in mare.
Per ulteriori informazioni, leggi la versione integrale dell’articolo: Liubartseva S., Coppini G., Lecci R., Clementi E. Tracking plastics in the Mediterranean: 2D Lagrangian model, 2018, Marine Pollution Bulletin, Volume 129, Issue 1, Pages 151-162, ISSN 0025-326X, DOI: 10.1016/j.marpolbul.2018.02.019
The team of authors was led by researcher Svitlana Liubartseva (OPA – Ocean Predictions and Applications).
This study has been carried out in the framework of the AMAre Project (Actions for Marine Protected Areas) funded by Interreg MED Programme 2014–2020.
Leggi inoltre l’articolo:
Liubartseva S., Coppini G., Lecci R., Cretì S.
Regional approach to modeling the transport of floating plastic debris in the Adriatic Sea
2016, Marine Pollution Bulletin, Volume 103, Issues 1–2, Pages 115–127, DOI: 10.1016/j.marpolbul.2015.12.031, web page
This work has been supported by the DeFishGear (Derelict Fishing Gear Management System in the Adriatic Region project