La produzione dell’olio vegetale più utilizzato e più criticato per i suoi impatti ambientali analizzata in uno studio della Fondazione CMCC. Un contributo a un dibattito informato e completo sull’olio di palma, che considera in particolare gli aspetti socio-economici, i meno indagati e discussi della sua produzione.
A partire dalla seconda metà del XX secolo, si è assistito a un aumento esponenziale della produzione di olio di palma, che si è dimostrato molto versatile, tanto da diventare un ingrediente comune in molti prodotti alimentari, come margarina, biscotti, pane, torte, cioccolato, gelati e non alimentari, come detergenti e cosmetici. L’olio di palma è stato anche storicamente utilizzato come lubrificante per i macchinari e il suo uso come biocarburante nel settore energetico è cresciuto con particolare rapidità.
Oggi l’olio di palma, che rappresenta oltre il 35% della produzione totale di olio vegetale a livello mondiale, è allo stesso tempo il più utilizzato e il più criticato: ciò che lo ha portato al centro del dibattito pubblico e scientifico degli ultimi anni è il suo impatto ambientale e, in particolare, il legame tra la sua coltivazione e la riduzione delle foreste tropicali negli ultimi decenni.
Sebbene il concetto di ‘sostenibilità’ sia stato concepito in riferimento a tre dimensioni – ambientale, economica e sociale – solitamente il dibattito sull’olio di palma si concentra soprattutto sui suoi effetti sull’ambiente e sui servizi ecosistemici. Uno studio del CMCC pubblicato su Environmental Research Letters contribuisce a un dibattito più informato e completo sull’olio di palma, considerando gli aspetti socio-economici della sua produzione, i meno indagati e discussi.
Attraverso una revisione sistematica della letteratura esistente che ha studiato le implicazioni socio-economiche dell’olio di palma, i ricercatori hanno analizzato 82 pubblicazioni scientifiche sull’argomento pubblicate negli ultimi 10 anni, considerandone per la prima volta il legame con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (Sustainable Development Goals – SDGs).
I risultati mostrano che l’olio di palma svolge un ruolo cruciale nello stimolare l’economia e i mezzi di sussistenza delle comunità locali in molti Paesi in via di sviluppo che ne sono produttori, contribuendo in modo sostanziale alla riduzione della povertà e al miglioramento della sicurezza alimentare.
Tuttavia, l’espansione delle piantagioni di palma da olio ha, in alcuni casi, aggravato le disuguaglianze di genere e sociali, queste ultime dovute principalmente ai conflitti per l’accesso alla terra e alle problematiche legate alla proprietà tra le comunità locali e le aziende che gestiscono le vaste aree di piantagione. Inoltre, secondo la letteratura esistente, la crescita economica generata dalla catena di produzione dell’olio di palma non è sempre accompagnata da condizioni di lavoro dignitose: il lavoro tende a essere pesante e faticoso, vengono utilizzate sostanze chimiche nocive, i lavoratori non sono tutelati e i salari sono bassi.
“A livello macroeconomico, la crescita economica associata alla coltivazione della palma da olio è oggettiva” spiega Matteo Bellotta della Fondazione CMCC e tra gli autori dello studio. “Ma in contesti specifici, il passaggio a questo tipo di coltivazione può non sempre rappresentare un beneficio per i produttori. Ad esempio, coloro che prima praticavano agricoltura di sussistenza, coltivando in modo diversificato quel che serviva per il loro sostentamento, passando alla monocultura hanno aumentato la loro condizione di incertezza e di dipendenza dal mercato. Chi invece non praticava agricoltura di sussistenza o coltivava già in regime di monocultura, con la coltivazione di palma da olio ha in genere migliorato la propria condizione economica”.
Un aspetto importante che emerge dall’analisi è che il raggiungimento di alcuni obiettivi di sviluppo sostenibile (in particolare l’aumento della qualità dell’istruzione (SDG 4), il miglioramento della salute e del benessere (SDG 3) e l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici (SDG 6)) è spesso facilitato dall’adozione di pratiche di produzione sostenibile dell’olio di palma, agevolate dall’applicazione di schemi di certificazione della sostenibilità.
Attualmente, il 19% della produzione mondiale di olio di palma è certificata come sostenibile. La crescente domanda di olio di palma da parte del mercato internazionale, insieme alla crescente attenzione dell’opinione pubblica per il suo impatto sull’ambiente e sulla società, ha portato infatti allo sviluppo e alla diffusione di una serie di schemi e protocolli di certificazione, che nel corso degli anni sono stati ampliati per includere principi e criteri sia ambientali che socio-economici per la produzione sostenibile.
“In generale, gli studi su olio di palma pubblicati in letteratura valutano sempre più frequentemente gli effetti delle certificazioni di sostenibilità” sottolinea Maria Vincenza Chiriacò, ricercatrice alla Fondazione CMCC e tra gli autori dello studio. “Infatti, tra le pubblicazioni scientifiche considerate nel nostro studio, si nota un aumento negli ultimi anni del numero di studi che riportano effetti socio-economici positivi correlati alla produzione dell’olio di palma. Ciò potrebbe essere plausibilmente correlato all’aumento del volume di olio di palma certificato come sostenibile, che secondo i dati RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil) oggi rappresentano il 19% della produzione totale”.
Per maggiori informazioni:
Maria Vincenza Chiriacò et al 2022 Environ. Res. Lett. 17 063007- DOI: https://doi.org/10.1088/1748-9326/ac6e77