Dal cuore del Salento, ricerca avanzata sul misterioso incidente dell’aereo scomparso nell’Oceano Indiano. Un team della Fondazione CMCC ha utilizzato i dati relativi alla localizzazione dei resti trovati dell’aereo MH370, scomparso l’8 marzo 2014, per definire dove possa essere precipitato l’apparecchio e dove possano essere trovati ulteriori resti. Lo studio è pubblicato oggi, 27 luglio 2016, nella rivista Natural Hazards and Earth System Sciences, un magazine open access della European Geosciences Union (EGU).
LECCE, 27 luglio 2016 – “Per la prima volta siamo riusciti a calcolare, per i resti dell’apparecchio scomparso, una possibile rotta che concorda al meglio con tutte le cinque rilevazioni di detriti confermate finora. Questo dovrebbe consentire di fare previsioni molto più accurate su dove trovare altre tracce dell’aereo scomparso”. Sono parole di Eric Jansen, ricercatore della Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici e lead-author dello studio.
L’8 marzo 2014, il volo MH370 della Malaysia Airlines è scomparso con l’equipaggio e 239 passeggeri durante il viaggio di linea da Kuala Lumpur a Pechino. Da allora, al fine di localizzare e recuperare il relitto dell’aereo, ingenti ricerche sono state realizzate nell’area meridionale dell’Oceano Indiano, dove si suppone che possa essere precipitato l’aereo, mentre resti dell’apparecchio sono stati rinvenuti anche sulle coste dell’Africa orientale e di alcune isole.
La parte più a nord dell’attuale area di ricerca, al largo delle coste australiane, coincide con l’area che, secondo le nuove simulazioni sviluppate dal team CMCC, mostra le possibilità maggiori di essere la zona da cui hanno avuto origine i resti trovati finora.
“Ad ogni modo, la nostra simulazione mostra che i detriti dell’aereo potrebbero essere partiti da un’area che potrebbe anche essere 500 km più a nord”, spiega Jansen. “Potrebbe quindi essere utile estendere le ricerche in questa direzione, se non si dovessero ottenere risultati concreti nell’attuale area di ricerca”.
Per capire il percorso in mare dei resti del MH370 dopo l’incidente, i ricercatori hanno lavorato con un modello che utilizza dati oceanografici messi a disposizione da EU Copernicus Marine Environment Monitoring Service, e che includono dati globali sulle correnti superficiali e sui venti relativi agli ultimi due anni. Le simulazioni sono poi state realizzate usando le informazioni sulla localizzazione dei 5 resti trovati finora e di cui è stata confermata l’appartenenza all’apparecchio scomparso: due in Mozambico, uno rispettivamente a Réunion, in Sud Africa e alle Mauritius (nell’isola di Rodrigues).
Per realizzare la simulazione, il team di ricerca ha distribuito virtualmente un ampio numero di particelle nell’oceano, per poi esaminarne le traiettorie possibili in base alle correnti e ai venti reali rilevati nelle ore e nei giorni successivi all’incidente e simulate dai modelli numerici. Poiché non si conoscono né il luogo esatto dell’incidente, né l’esatta quantificazione dell’effetto del vento sulla traiettoria dei resti del relitto, sono stati prodotti diversi scenari a partire dai quali i ricercatori hanno potuto realizzare un cosiddetto “superensemble”: una combinazione di simulazioni che descrive al meglio il percorso tracciato dai resti trovati finora.
“Immaginiamo di voler conoscere le condizioni meteo per domani, consultiamo diversi siti web di servizi meteo, ma abbiamo informazioni contraddittorie. A chi dovremmo credere? Quello che possiamo fare è controllare le previsioni che ciascun sito ha prodotto per oggi, quindi ci fideremo di più del sito che avrà prodotto le informazioni che si sono rivelate più vicine alla realtà”, spiega Jansen. “Questo è più o meno quello che abbiamo fatto noi per il volo MH370: abbiamo realizzato diverse simulazioni plausibili con le informazioni che abbiamo sul volo. Quando combiniamo tra loro i risultati di tutte queste simulazioni, diamo maggiore importanza a quelli che sono coerenti con i resti realmente trovati”.
“Se si dovessero ritrovare nuovi resti del relitto, potremmo aggiornare i nostri risultati in poco tempo”, afferma Jansen e pertanto migliorare le stime di dove potrebbero essere partiti i detriti e perciò dove potrebbe essere ritrovato il relitto. Nella prima fase delle simulazioni, il modello calcola le diverse traiettorie seguite dai resti alla deriva. Si tratta, in questo caso, di operazioni che richiedono tempo di calcolo anche per un Supercomputer potente come quello del CMCC utilizzato per questo studio. Ma il lavoro sulla localizzazione delle parti di relitto rinvenute, riguarda solo l’ultima fase delle simulazioni, quando si combinano tra loro i risultati per individuare quali sono più probabili. Una volta che la prima fase del modello è compiuta, incorporare nuovi dati relativi a nuove parti del relitto è un’operazione abbastanza veloce e relativamente semplice.
I risultati mostrano che, stando alle informazioni attuali, l’area più probabile per individuare resti sono le coste della Tanzania e del Mozambico (per quanto riguarda la terraferma), Madagascar, Réunion, Mauritius e Comore (per quanto riguarda le isole). Il corpo principale del relitto dovrebbe avere maggiore probabilità di essere trovato nell’area compresa tra 28°S e 35°S (vedi Fig. 1). Si tratta di un’area che coincide grosso modo con le ricerche in corso, ma lo studio suggerisce che l’aereo potrebbe anche trovarsi più a nord rispetto a dove si stanno concentrando le attuali attività di ricerca.
“La scomparsa del volo MH370 è probabilmente uno degli eventi più misteriosi della storia moderna. È molto importante capire cosa sia accaduto, non solo per le persone coinvolte, ma anche per tutto il mondo dell’aviazione. Da parte nostra speriamo di poter dare il nostro contributo, anche se la nostra ricerca è un piccolo tassello di un puzzle molto complicato”.
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I giornalisti interessati a questa notizia sono pregati di citare la testata (Natural Hazards and Earth System Sciences);
nel caso di pubblicazione online, si prega includere il link all’articolo (http://www.nat-hazards-earth-syst-sci.net/16/1623/2016/) o al sito della rivista (http://www.natural-hazards-and-earth-system-sciences.net).
Maggiori informazioni
Questa ricerca è presentata nell’articolo dal titolo ‘Drift simulation of MH370 debris using superensemble techniques’ pubblicato il 27 luglio 2016 in Natural Hazards and Earth System Sciences, rivista open access della EGU.
L’articolo scientifico è disponibile online: http://www.nat-hazards-earth-syst-sci.net/16/1623/2016/.
Per la citazione: Jansen, E., Coppini G., and Pinardi, N.: Drift simulation of MH370 debris using superensemble techniques, Nat. Hazards Earth Syst. Sci., 16, 1623–1628, doi:10.5194/nhess-16-1623-2016, 2016.
Il team di ricerca è composto da: Eric Jansen (Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, Lecce, Italia), Giovanni Coppini (Fondazione CMCC) e Nadia Pinardi (Dipartimento di Fisica e Astronomia, Università Alma Mater di Bologna, e Fondazione CMCC).
Links
- Scientific paper: http://www.nat-hazards-earth-syst-sci.net/16/1623/2016/
- Journal – Natural Hazards and Earth System Sciences: http://www.natural-hazards-and-earth-system-sciences.net