I disastri naturali in aumento minacciano la sicurezza e il benessere delle comunità, anche in Italia. Uno studio pubblicato da un team di scienziati della Fondazione CMCC classifica le municipalità italiane secondo la loro capacità di resilienza ai disastri fornendo nuove, affidabili ed essenziali informazioni ai decisori per la definizione di politiche di riduzione del rischio e di adattamento ai cambiamenti climatici.
Negli ultimi anni, i rischi legati ad eventi estremi e pericoli naturali sono cresciuti a causa di diversi fattori, dai cambiamenti climatici a un’urbanizzazione non adeguatamente pianificata, dalla pressione demografica ai cambiamenti nell’utilizzo del suolo, della perdita di biodiversità al degrado degli ecosistemi.
Il Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015-2030 delle Nazioni Unite chiede di investire nella resilienza e di integrare la riduzione del rischio di disastri nelle politiche di sviluppo sostenibile. L’Italia è fortemente esposta: comprendere la capacità di resilienza ai disastri naturali delle diverse aree del territorio nazionale è fondamentale affinché i decisori possano sviluppare politiche di adattamento e di gestione dei rischi e allocare il budget necessario per implementare il Sendai Framework.
Nello studio “Constructing a comprehensive disaster resilience index: The case of Italy” un team di scienziati della Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) analizza la capacità di resilienza ai disastri di 8092 municipalità italiane.
“Lo studio mira a fornire ai decisori una misura relativa – e una mappa – che illustri quali regioni e quali comuni in Italia hanno una capacità di resilienza elevata e quali no”, afferma Sepher Marzi, ricercartore CMCC e primo autore dello studio.
I risultati mostrano una chiara differenza Nord-Sud, dove il Nord Italia risulta maggiormente resiliente. Tuttavia, come evidenzia la mappa (dove sono indicate in verde le zone più resilienti e in rosso le meno resilienti), alcune aree all’interno delle macroregioni italiane si comportano diversamente.
Nello studio, gli scienziati tengono conto di diverse dimensioni per valutare la resilienza delle aree considerate: accesso ai servizi, qualità delle istituzioni, condizioni abitative e densità di popolazione, coesione sociale, istruzione, stato ambientale e protezione degli ecosistemi, capacità e distribuzione economica.
Ma misurare la resilienza non è un compito facile. “Il concetto stesso di resilienza è controverso, in quanto non ne esiste una definizione univoca”, continua S. Marzi. “Oltre alle questioni teoriche, principalmente legate alla scelta degli indicatori che definiscono la resilienza, vi sono anche questioni metodologiche, legate al modo di aggregarli. La nostra ricerca è innovativa perché supera questi limiti, includendo diverse scelte metodologiche nel risultato finale: abbiamo costruito un indice composito completo che garantisce ai responsabili politici un risultato di alta qualità e affidabilità”.
La pubblicazione fa parte del progetto CLARA “Climate forecast enabled knowledge services”, il cui obiettivo è sviluppare una serie di servizi climatici all’avanguardia basati sui Copernicus Climate Change Services. Quattro ricercatori della divisione CMCC “Risk Assessment and Adaptation Strategies” hanno contribuito all’articolo: Sepehr Marzi, Jaroslav Mysiak, Arthur H. Essenfelder, Mattia Amadio.
Link all’articolo open access: https://doi.org/10.1371/journal.pone.0221585