Gli effetti negativi per l’economia delle inondazioni costiere saranno relativamente contenuti fino al 2050, ma aumenteranno considerevolmente per la fine del secolo. I risultati di un nuovo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Environmental Research Communications, con il contributo di Fondazione CMCC ed EIEE.
L’Accordo di Parigi, adottato nel 2015 da 175 Paesi, aspira a limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli pre-industriali. Tuttavia, il decennio 2010-2020 quasi concluso è stato il più caldo mai registrato, e l’attuale trend di lungo termine prevede che le temperature continuino ad aumentare. L’innalzamento del livello del mare rappresenta uno degli impatti più gravi del cambiamento climatico, dal momento che è in grado di provocare vere e proprie inondazioni della costa, mettendo in pericolo comunità costiere, infrastrutture e attività agricole.
Un nuovo studio, pubblicato di recente sulla prestigiosa rivista Environmental Research Communications, ha valutato per la prima volta gli effetti economici dell’innalzamento del livello del mare, tenendo conto di diverse ipotesi di mitigazione e adattamento. Lo studio, diretto da Thomas Schinko (IIASA Risk and Resilience Deputy Program Director) e realizzato con la collaborazione degli scienziati Laurent Drouet (CMCC, EIEE) e Valentina Bosetti (CMCC, EIEE, Università Bocconi di Milano), ha confrontato due diversi scenari di politiche climatiche – uno in grado di far rimanere ben al di sotto dei 2 °C di riscaldamento per la fine del secolo, e uno che supera questo target – in combinazione con due diversi scenari di adattamento (“nessun adattamento” e “pieno adattamento all’innalzamento del livello del mare”), per stimare gli impatti sul PIL legati alle inondazioni costiere, al 2050 e al 2100, per tutte le possibili combinazioni degli scenari.
Lo studio ha messo in luce che fino al 2050 le perdite globali del PIL sono simili per entrambi gli scenari climatici considerati. Tuttavia, entro il 2100, senza ulteriori azioni di adattamento e ipotizzando un costante innalzamento del livello del mare, le perdite economiche annuali a livello globale potrebbero arrivare ad ammontare a più del 4% del PIL. In caso di adattamento ambizioso, questo valore potrebbe fortemente ridursi e avvicinarsi allo zero, nonostante i costi associati alla realizzazione delle misure di adattamento e agli impatti residui nel lungo termine: far sì che le comunità costiere e le loro infrastrutture diventino resilienti agli impatti dei cambiamenti climatici avrà molte meno ripercussioni sull’economia globale del perdurare dei loro impatti.
“In termini di effetti a livello regionale tra i Paesi del G20”, spiega Laurent Drouet, ricercatore della Fondazione CMCC e senior scientist di RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment – EIEE, “le ripercussioni più gravi sul PIL annuale si osserveranno in Cina. Nel 2050, in assenza di politiche di adattamento, le perdite economiche in questo paese ammonteranno allo 0,8-1% del PIL. In India le stime sono solo di poco inferiori (0,5-0,6%); segue quindi il Canada che si attesta con perdite dello 0,3-0,4% del PIL”.
Lo studio ha inoltre messo in luce che fino al 2050 le perdite economiche dirette, legate all’innalzamento del livello del mare a livello globale, saranno ancora bilanciate dal commercio internazionale e dagli effetti di sostituzione dei processi produttivi a livello macroeconomico. Tuttavia, entro il 2100, gli effetti economici nei Paesi del G20 cambieranno drasticamente. La Cina resta il Paese con la più ingente perdita di PIL attesa, nel caso non sia intrapresa nessuna misura di adattamento, ma con perdite che saranno più alte di un fattore 10 rispetto al 2050: le perdite annuali ammonteranno al 9-10% del PIL per lo scenario ben al di sotto dei 2°C, e all’11-12% per l’attuale scenario di politiche di mitigazione. Altre regioni per cui si prevedono pesanti ripercussioni economiche entro il 2100 senza alcuna misura di adattamento, sono Europa e Giappone.
La situazione cambia se sono intraprese incisive e forti azioni di mitigazione e gli sforzi per contrastare gli effetti dell’innalzamento del livello del mare sono rafforzati. Analogamente al quadro globale, i singoli Paesi del G20 potrebbero limitare gli impatti economici residui all’1% del PIL nel caso siano intraprese adeguate misure di adattamento.
“I risultati di questa ricerca dimostrano che dobbiamo pensare in una prospettiva di lungo termine”, ha concluso Thomas Schinko (IIASA), lead author dello studio. “Gli impatti economici dopo il 2050 dovuti all’innalzamento del livello del mare – senza considerare altri impatti legati al clima, come per esempio gli eventi siccitosi – sono gravi. La nostra società deve coordinare a livello globale la mitigazione, l’adattamento e la resilienza ai cambiamenti climatici, e pensare e pianificare attentamente dove costruire le città e le infrastrutture più importanti.”
Leggi la versione integrale dello studio:
Schinko T., Drouet L., Vrontisi Z., Hof A., Hinkel J., Mochizuki J., Bosetti V., Fragkiadakis K., Van Vuuren D., Lincke D. (2019). Economy-wide effects of coastal flooding due to sea level rise: A multi-model simultaneous treatment of mitigation, adaptation, and residual impacts. Environmental Research Communications DOI: https://doi.org/10.1088/2515-7620/ab6368