Come si studiano i cambiamenti climatici

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Un viaggio nelle scienze del clima attraverso le voci dei protagonisti di un dibattito durato un secolo sulle migliori metodologie per studiare il clima. Un’immersione tra forze e debolezze dei modelli climatici che possono supportare i decisori nelle loro scelte di adattamento a scala locale. Gli interventi della Fondazione CMCC alla 14° Conferenza Nazionale di Statistica con il Presidente Antonio Navarra e Paola Mercogliano.

Qual è la strada migliore per fare un’indagine scientifica sul clima? Come applicare il metodo scientifico a un sistema che non permette di fare esperimenti se non in maniera virtuale?

Nell’intervento “Clima, caso e Statistica” il Prof. Antonio Navarra, Presidente della Fondazione CMCC e docente all’Università di Bologna, ha raccontato alla 14° Conferenza Nazionale di Statistica l’evoluzione della meteorologia e della climatologia, ripercorrendo lo sviluppo di questa scienza negli ultimi 100 anni.

Una storia a tappe attraverso i protagonisti di un dibattito – dal matematico Richardson a Bjerknes, da Von Neumann a Charney, Wiener, Lorenz, Eliassen, Hasselmann – che li ha divisi tra l’opportunità di utilizzare un metodo deterministico attraverso i modelli numerici e il basarsi su metodi statistici, a partire dai dati della storia pregressa dell’evoluzione dell’atmosfera, per fare previsioni. Fino ad arrivare ai risultati recenti che mostrano come, piuttosto che essere in contraddizione, gli approcci deterministici e statistici siano fortemente connessi e permettano una comprensione dei fenomeni naturali più profonda e fruttuosa.

“Quelli che noi chiamiamo ‘modelli numerici’ sono rappresentazioni virtuali del nostro pianeta create attraverso la rappresentazione matematica dei processi del clima, come la circolazione degli oceani e dell’atmosfera” ha spiegato Navarra. “C’è una relazione a tre tra teoria, osservazioni (dati) e modelli, intesi come laboratori numerici in cui possiamo fare esperimenti per comprendere meccanismi e leggi fondamentali. La statistica ci permette di connettere questi tre elementi, in modo da avere a disposizione strumenti molto più potenti ed efficaci per comprendere il mondo naturale e per creare le applicazioni che sono necessarie sia per lo sviluppo della nostra società che per il nostro benessere.”

“I modelli climatici sono uno strumento utilissimo per valutare i cambiamenti climatici e supportare politiche di mitigazione e adattamento” ha spiegato nel suo intervento “Valutare il cambiamento climatico con i modelli climatici: lacune e prospettive Paola Mercogliano, direttrice della Divisione Modelli Regionali e Impatti Geo-Idrologici della Fondazione CMCC, divisione che si occupa di sviluppare modelli ad altissima risoluzione e di valutare gli impatti dei cambiamenti climatici a scala locale, per supportare i decisori nelle loro scelte d’azione. “Dobbiamo affiancare strumenti dettagliati alla conoscenza globale dei cambiamenti climatici, e i modelli sono lo strumento che abbiamo a disposizione per capire come questi impatteranno su diversi settori e diverse aree geografiche. Si tratta di modelli complessi, che richiedono centri di calcolo molto evoluti, oltre ad una comunità scientifica preparata e pronta a includere nei modelli nuova conoscenza, man mano che questa aumenta”.

La comunità scientifica, ha spiegato Mercogliano, sta lavorando per migliorare progressivamente l’affidabilità dei modelli e ridurre i tre livelli di incertezza con cui deve necessariamente fare i conti, il primo legato alla complessità del sistema atmosferico, il secondo all’evoluzione delle traiettorie delle emissioni – che dipendono dalle scelte che vengono compiute ogni giorno in termini di mitigazione dei cambiamenti climatici – e il terzo agli errori dei modelli stessi.

E l’affidabilità dei modelli viene valutata in due modi. “Il primo si basa sulla loro capacità di rappresentare il clima del passato” ha affermato Mercogliano. “Gli errori che vengono rilevati nel rappresentare il clima del passato danno una misura dell’incertezza della loro rappresentazione del clima del futuro, informazione fondamentale per i decisori. Il secondo è attraverso il confronto dei risultati di tanti modelli climatici indipendenti, che permette di rilevare la loro vicinanza (e quindi la maggiore affidabilità) o divergenza (che evidenzia la necessità di svilupparli ulteriormente)”.

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