L’evoluzione dell’Antartide, dal passato remoto al futuro

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L’Antartide rischia di raggiungere quello che gli esperti chiamano un tipping point, ovvero un punto di non ritorno, una soglia critica oltre la quale si verificheranno cambiamenti irreversibili su larga scala, già entro il 2030-2050 (sulla base del limite massimo di aumento di temperatura di 2°C, definito dall’Accordo di Parigi): una volta che questa soglia sia raggiunta, un considerevole innalzamento globale del livello del mare, probabilmente dell’ordine di diverse decine di metri, su scale temporali che variano da decenni a millenni, diventerà infatti inevitabile.

Come si comporterà la calotta glaciale antartica in risposta al riscaldamento globale? Quali sono i principali processi che stanno provocando il collasso della calotta glaciale antartica? E qual è l’entità del suo contributo all’innalzamento del livello del mare previsto entro l’anno 2100 e oltre, e che cosa è successo in passato? Per rispondere a tutte queste domande, abbiamo bisogno di comprendere come si è comportata in passato, e prevedere come si evolverà in futuro.
L’uso di modelli numerici, il principale strumento di cui disponiamo per predire il futuro dell’Antartide, è ostacolato dalla mancanza di dati topografici o da lacune su come alcuni fenomeni e processi fondamentali, idrologici, e a livello delle cavità oceaniche, interagiscono con le dinamiche del ghiaccio.

Una review pubblicata di recente sulla rivista Nature Communications (lead author la ricercatrice CMCC Florence Colleoni, ODA Division) indaga le interazioni e i processi fisici che si verificano all’interfaccia tra calotta glaciale, il suolo roccioso sottostante la calotta (bed), l’oceano e i margini continentali attorno all’Antartide, per valutare: (1) l’importanza della morfologia dello strato roccioso subglaciale e delle condizioni idrologiche, come fattori nella regolazione del flusso di ghiaccio; (2) il modo in cui la morfologia della piattaforma continentale influenza le dinamiche della calotta glaciale antartica e la sensibilità dello strato di ghiaccio agli influssi dell’oceano; (3) come avvengono gli scambi con l’oceano, e in particolare l’apporto di calore ai margini della calotta glaciale antartica, per diverse scale spaziali e temporali. L’obiettivo è quello di migliorare la nostra capacità di descrivere gli sconvolgimenti del passato, identificare i principali punti di non ritorno, da non oltrepassare, per la calotta antartica, valutare com’è cambiato e come cambierà in futuro il livello del mare, per arrivare a comprendere l’evoluzione dell’Antartide.

“Le dinamiche glaciali”, spiega la ricercatrice CMCC F. Colleoni, “sono principalmente determinate da come il ghiaccio fluisce al di sopra dello strato roccioso che si trova al di sotto di essa. La mancanza di un’accurata topografia sub-glaciale (con l’individuazione della presenza di eventuali cavità, rilievi, laghi, argini, etc), dovuta all’oggettiva difficoltà di mappare l’intera calotta antartica, rende difficile simulare da parte dei modelli il comportamento del ghiaccio, come fluisca al di sopra della piattaforma, e la sua risposta alle variazioni atmosferiche e oceaniche. Questo è anche il motivo per cui le proiezioni sul contributo futuro dell’Antartide a variazioni del livello del mare rimangono altamente incerte.
Sappiamo inoltre che l’oceano riveste un ruolo deciso nell’assottigliamento e progressivo collasso delle piattaforme glaciali, ma proprio per le lacune topografiche che ancora abbiamo in queste regioni, disponiamo di ben poche osservazioni su come avviene la circolazione oceanica al di sotto delle piattaforme glaciali, o quanto sia calda l’acqua dell’oceano.”
Tutte domande a cui dovremo rispondere per determinare con un grado di minor incertezza il contributo dell’Antartide alle variazioni future del livello del mare.

A causa dei cambiamenti climatici, la calotta glaciale antartica potrebbe ridursi notevolmente nei prossimi anni, non tanto per effetto dello scioglimento superficiale dei ghiacciai, come avviene per esempio in Groenlandia, ma per il sempre più frequente distacco di iceberg dalle sue estremità. Il futuro dell’Antartide è inoltre minacciato da un altro fenomeno, solo di recente identificato dai ricercatori: lo scioglimento delle piattaforme glaciali antartiche per effetto dell’intrusione di calde acque profonde circumpolari, un processo che sarebbe responsabile del rapido assottigliarsi e ritirarsi delle piattaforme glaciali galleggianti dell’Antartide. I modelli numerici mostrano che questo processo potrebbe portare velocemente alla scomparsa della calotta glaciale antartica occidentale (WAIS – West Antarctic Ice Sheet), la cui base si trova al di sotto del livello del mare; in Antartide, inoltre, se la topografia sotto la piattaforma di ghiaccio avesse una pendenza rivolta verso l’interno (come la piattaforma continentale, più erosa nelle zone più interne), e non verso l’oceano, il collasso potrebbe essere ancora più rapido. Questo fenomeno è stato definito instabilità della calotta di ghiaccio marino (marine ice sheet instability – MISI). Anche i record fossili ritrovati nei sedimenti marini documentano come il collasso delle calotte glaciali antartiche occidentale e orientale si sia verificato ripetutamente nel corso degli ultimi 5 milioni di anni.

I tre ambiti esplorati dallo studio di Nature Communications (cavità subglaciali, piattaforma continentale e oceano), sono a tutt’oggi poco studiati, ma sono cruciali per colmare le lacune che ancora abbiamo per arrivare a una conoscenza approfondita della calotta antartica, spaziando dal suo passato più remoto agli scenari futuri. Lo studio focalizza la sua attenzione anche su quelle interazioni a breve termine tra circolazione oceanica nelle cavità alla base delle piattaforme, e le dinamiche delle calotte glaciali, ancora poco note, e che potrebbero essere fra le principali responsabili del fenomeno dell’instabilità della calotta di ghiaccio marino.
“Il MISI”, spiega F. Colleoni, “è il meccanismo più veloce con cui le calotte glaciali perdono gran parte della loro massa. È un fenomeno che si verifica su scale di secoli, pertanto a scale temporali rilevanti per l’umanità. Una volta che la calotta glaciale si è destabilizzata, perde una gran quantità del suo ghiaccio prima di raggiungere nuovamente uno stato di equilibrio. Individuare le aree dell’Antartide che potrebbero essere più soggette a questo tipo d’instabilità molto rapida, è pertanto d’importanza cruciale, ed è per questo motivo che si rende urgente e necessario colmare le lacune che abbiamo sulla topografia sotto-glaciale, sulla batimetria, così come sulle condizioni idrologiche: solo così i modellisti saranno in grado di produrre proiezioni accurate sulle future perdite di ghiaccio, e quindi sulle variazioni future del livello del mare.”
La principale sfida oggi per la comunità scientifica internazionale per la ricerca ai poli è quindi quella di arrivare a sviluppare una nuova generazione di Modelli del Sistema Terra (Earth System Models), in grado di rappresentare adeguatamente i processi su larga scala, come quelli su scala locale, che si verificano a diverse scale temporali (da breve a lungo termine), ottimizzando le risorse di calcolo a disposizione.

Read and download the full paper:
Colleoni Florence, De Santis L., Siddoway C. S., Bergamasco A., Golledge N. R., Lohmann G., Passchier S., Siegert M. J., 2018 (published on June 18 2018), Spatio-temporal variability of processes across Antarctic ice-bed–ocean interfaces, Nature Communications, 9, 2289, DOI: 10.1038/s41467-018-04583-0

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